Lo struzzo natalizio
Io non amo l’estate, l’afa, le zanzare, il sudore, i consigli contro il caldo … e tutti che sembra che si devono divertire per forza …
Però io “odio” anche il periodo Natalizio e la neve in città … insomma mi si deve lasciare nel mio “brodo” di straordinaria normalità e normale straordinarietà, con il mio freddo qb, senza troppe feste/festicciole/ponti e con un bel nebbione ogni tanto.
A parte alcuni motivi seri (certe “assenze” sono molto presenti in questi momenti di gioia e festa familiare) o semi seri (come le lunghiiiissimeee vacanze scolastiche natalizie dei tre nani) a causa dei quali preferirei ibernarmi dall’accensione delle luminarie fino al 6 Gennaio sera, provo a spiegarvi alcune cose che mi rendono allergica alle festività natalizie.
1. Il periodo Natalizio incomincia sempre prima. Il panettone è al supermercato già da ottobre: ancora mordevano le zanzare e già migliaia di Babbi Natale mi facevano ciao ciao dagli scaffali del supermercato … Le luci di Natale ce le hanno accese all’uscita della visita al Cimitero il giorno dei morti, caso mai arrivassimo impreparati al 25 Dicembre? Ho sempre più la sensazione di subire un furto, mi rubano il tempo! Io voglio vivere il presente!
2. Le decorazioni natalizie trash. Un mio vicino ogni anno rispolvera una specie di Las Vegas brianzola che da quando mette in funzione si rischia il black out nel quartiere. Se la corrente regge, io posso fare a meno di accendere la luce in cucina. Vedo gente (e conosco qualcuno) che ogni anno tira fuori degli addobbini terrificanti. Io non riesco a trattenermi dal dire “piuttosto che niente è meglio niente … talvolta” e mio marito l’Ingegnere mi fa notare che l’ho già detto l’anno scorso e che non sono per nulla carina. Per non parlare del boom che dura da qualche anno, di quei poveri inquietanti babbi natale appesi come sacchi a balconi e davanzali, istigazione al furto nella migliore delle ipotesi … al suicidio nella peggiore.
3. La moltiplicazione delle feste di Natale. Ci ho pensato a lungo e ho concluso che il problema delle feste di Natale è che cadono tutte nello stesso periodo. Se hai tre figli, tutto si moltiplica per tre. In certi periodi dell’anno andare alle feste/saggi/rinfreschi è peggio che un lavoro a tempo pieno … Bello, entusiasmante partecipare alla vita dei tuoi figli … talvolta vorrei anche partecipare alla mia sopravvivenza. Per carità, si fa eh, e anche con piacere per i tuoi figli … c’è chi lavora in miniera e questo non è nulla al confronto. Ci sarebbe anche l’alternativa: con disinvoltura te ne freghi e non vai, molti lo fanno … ecco io questo ai miei figli non riesco proprio a farlo e vado e partecipo a tutto. Anzi sono molto presente. Però poi un po’ devo potermi lamentare
4. Gli auguri copia incollati. Quei bellissimi, originali e personalissimi messaggi mandati a tutta la rubrica da gente che, se va bene, non sentivate da circa 365 giorni … ovvero da Natale dello scorso anno. Non ho ancora capito se odio di più quelli spiritosi o quelli similreligiosi.
5. I pranzi in famiglia. Il parlare dalla mattina alla sera di cosa si mangerà (e a casa di chi) chiusi in cucina giorni interi a preparare un tripudio di cibo, che ogni anno ci riproponiamo di cucinarne di meno e comunque mangiamo fino a Capodanno …
5bis. Il “gira virus”, festa dei virus, parallela alle feste di Natale in famiglia. Tra pranzi, cene, feste, festicciole, tutti stipati in piccoli ambienti, tutti che ti devono baciare … la vera festa la fanno i virus che si scambiano più velocemente dei regali e degli auguri. E io che ho degli anticorpi ridicoli e imbarazzanti, sono la prima a soccombere.
6. I regali. Quelli mi piacciono tendenzialmente (l’Ingegnere direbbe che mi piacciono molto) tranne il genere “è solo un pensiero” (e già che stai pensando pensa bene ). In realtà il vero abominio è il regalo riciclato, quello che da piccoli impercettibili segni riconosci come passato di mano in mano … Il “riciclone” di solito ha un sottile stato di polvere, scotch riposizionato con cura ma visibile, non c’entra nulla con te, qualche volta l’avevi regalato tu e qualche volta, se è un alimentare, è scaduto (in questo la mia nonna era una specialista e mi mancherà quest’anno). Spesso, se siete amici di Giovanna (tanto per fare un nome) contiene un biglietto dimenticato “A Giovanna”… e lì non dovete più nemmeno sforzarvi di avere dubbi. Io sono per la chiarezza: ma perché “Giovanna” non vi dice semplicemente”Guarda, mi hanno regalato questo e non so cosa farmene, se ti serve e ti piace te lo regalo con piacere”? Poi se conoscete qualcuno che usa i sali da bagno presentatemelo. In omaggio coi sali degli ultimi 15 Natali gli do anche le candele profumate.
7.I giochi per i bimbi. Soprassediamo sulle pubblicità natalizie di giochi per bambini. Vi siete mai chiesti invece chi è quel genio del male che ha inventato, progettato e realizzato le confenzioni dei giocattoli? Uno che odia la maternità e la paternità suppongo … Un’orda di fascette metalliche ben serrate, viti che fermano i giochi e il cui cacciavite corrispondente costringe a ripetute fughe in cantina, porti su quello normale e ci vuole quello a stella, li porti tutti e due e ci vuole la chiave a brugola, capelli delle bambole cuciti perché mai non si sa, ogni minimo pezzettino scocciato e plastificato alla faccia dell’ecologia e della raccolta differenziata … Dopo avere sudato sotto le lucine lampeggianti dell’albero, col bimbo alle spalle che ansima “L’hai aperto? L’hai aperto? Dai … dai … dai … Quanto manca?” finalmente hai tutti i pezzi davanti … ora devi solo prendere una laurea in ingegneria per montare tutto e quando finalmente ce l’hai fatta (io parto avvantaggiata perché ho il marito ingegnere) realizzi che mancano le pile … I negozi sono chiusi e ovviamente tutte quelle che hai in casa o sono scariche … o sono del formato sbagliato.
… e allora io per sopravvivere, faccio lo struzzo: fino al 1 Dicembre almeno, non voglio più parlare di Natale … forse …
A proposito di pazienza …
Essere genitore è un “mestiere” che pare mettere a dura prova la pazienza, a volte più di ogni ragionevole aspettativa che avevamo su di noi prima di avere figli.
La pazienza è non è un dono che si ha o che non si ha, ma un dimensione che spesso non va d’accordo con alcuni lati del nostro carattere. Non a caso ognuno perde la pazienza per motivi diversi. Se sono un amante dell’ordine, mi spazientirò perchè i miei figli hanno messo in un disordine inaccettabile per me la casa. Se sono un fanatico della puntualità, perderò la pazienza perchè i mie figli sembra facciano apposta a fare qualsiasi cosa con una lentezza esasperante …
Oltre ai livelli di tolleranza del tutto personali, di cui ognuno di noi deve essere almeno consapevole e cosciente (perchè se hai un figlio, prima o poi saranno ampiamente messi alla prova), vediamo quali sono i motivi più frequenti per cui si perde la pazienza e quali semplici strategie possiamo mettere in atto prima di essere “sequestrati” dalle nostre emozioni.
“Perdo la pazienza quando mi aspetto che le cose vadano diversamente”
I bambini son bambini. Capiterà che si sporchino, che rompano qualche oggetto, che facciano confusione, che disobbediscano, che facciano i capricci. Ce lo dobbiamo aspettare. Certo non gli faremo un monumento per questo, ma dirselo aiuta a non perdere troppo la pazienza quando succederà.
“Perdo la pazienza quando mi aspetto troppo”
Ovvero quando mi aspetto che i miei figli siano bravi, buoni e belli e soprattutto non piangano per nulla, dormano tutta la notte, mangino, facciano sempre quello che dico e … mi lascino il tempo di truccarmi.
In questi casi allora perdo un minimo di senso dell’umorismo e di creatività, che invece sono antidoti utilissimi per far fronte alle situazioni più disparate.
Ci sono comportamenti tipici dei bambini e tipici dei bambini di determinate età: non fanno così perchè ce l’hanno con noi.
“Perdo la pazienza quando penso che qualcuno mi dovrebbe aiutare e non lo fa”
In questi casi non sono spazientita coi bambini, anche se rischio di prendermela con loro, ma con gli adulti che credo dovrebbero fare la loro parte. Quando mi sento sopraffatto dalle cose da fare e credo che il mio partner non mi sia di aiuto, allora è meglio che chiedo esplicitamente aiuto, senza aspettare che lui/lei pensi che io penso che lui/lei dovrebbe pensare …
“Perdo la pazienza quando non ho tempo”
E allora, non senza qualche sacrificio, bisogna organizzarsi e prepararsi con anticipo, specialmente se si hanno appuntamenti importanti.
Mi alzo prima e mi preparo prima che si sveglino i miei figli.
La sera prima di andare a letto preparo l’occorrente per il giorno dopo.
Se ho bimbi piccoli tengo sempre pronta una borsa con tutto l’occorrente per le uscite improvvisate e non.
“Perdo la pazienza perchè sono stanco o perchè sono stressato”
Questo è il motivo per cui si perde di più la pazienza, e pare anche un dato di fatto irrimediabile. Sembra inutile dire ad una mamma “Lavora meno”, “Riposati”.
Eppure è così, se non mi prendo cura di me, è difficile che riesca a prendermi cura di qualcun altro.
Proverò almeno a programmarmi dei piccoli spazi per dedicarmi a me stesso e a ciò che mi piace e mi serve per star bene. Non serve tanto, ma starò di certo un po’ meglio e soprattutto quando sarò sul punto di perdere la pazienza perchè stanca o stressata, mi sarà chiaro che non è per “colpa” dei miei figli.
Ovviamente, pur essenso consapevole dei motivi che abbassano la mia soglia di tolleranza, capiterà che in qualche occasione io perda ugualmente la pazienza e alzi la voce coi miei figli.
Allora potrò dire loro che mi dispiace: i miei figli avranno capito che può succedere qualche volta di perdere la pazienza e che non ci si deve vergognare di chiedere scusa … e avranno capito anche che non sono perfetto e non avranno modelli troppo alti e irreali con cui confrontarsi.
La pazienza è la virtù dei forti?
La premessa
La mattina le cose dovrebbero procedere in modo abbastanza strutturato.
Ore 6.30: l’Ingegnere mi sveglia
Ore 6.40: l’Ingegnere mi ri-sveglia
Prima che scatti l’ora x, i “muoviti”, “sbrigati”, il lancio dei vestiti, “hai lavato i denti?” “fammi sentire l’alito!” “torna a lavarti i denti!”, il su e giù per le scale (vivo in una torre, non in una casa), si apre una bolla di sospensione esistenziale: la mia colazione.
Prima di fare colazione nemmeno parlo con qualcuno, mi devono proprio lasciare stare. La mia colazione è molto abbondante e si consuma alla velocità di una lumaca. Di solito ingurgito, ma al mattino no. Ed è l’unico momento della giornata in cui sono semi-ferma, con gli occhi semi chiusi e stranamente zitta. Il risveglio completo avviene verso le 11.00. La cura del dettaglio è essenziale perchè una colazione disturbata getta una nefasta ipoteca sulla giornata: il cappuccino deve essere di latte intero fresco, con tanta schiuma, tanto caffè, non troppo caldo e non troppo dolce, ma non amaro. Se il cappuccino non è perfetto in tutte le sue variabili, la giornata risulta dal suo nascere in salita.
L’inizio
Lunedì la compromissione è avvenuta ben prima che mi sedessi per fare colazione.
“Mamma dobbiamo portare alcuni disegni di arte degli anni scorsi per l’open day, ti ricordi?” (per capirci quelli che ho inscatolato diligentemente e archiviato in un momento di operatività sorprendente a giugno).
“Mamma devi compilare il modulo!”
“Mamma devi mettere i soldi in busta chiusa!”
“Mamma le scarpe di ricambio per andare in giardino … da portare per oggi”.
“Ah mamma… devo portare a scuola delle macchine semplici che si usano in cucina!”
Roba da far scappare la pazienza anche a un santo, immaginate a me, che son ben lungi dalla santità e che non annovero tra le mie migliori qualità la tolleranza.
Ma benedetti nani, a scuola ci vado io o ci andate voi? Ma tutte queste cose dovete dirmele al lunedì mattina?
“Ma io ti ho fatto leggere l’avviso!”
Certo l’avviso l’ho letto, e quel che mi competeva l’ho fatto, ho comprato, compilato, imbustato … ma voi cosa avete fatto? Cosa avete preparato voi?
E’ un problema mio o tuo andare a scuola con tutto ciò che occorre?
In linea di principio nulla da eccepire sul contenuto. Peccato che tutto ciò mi sia uscito di bocca con un tono di voce degno del miglior mercato del pesce.
E mentre sono un fiume in piena che non accenna ad arrestarsi, mi casca l’occhio su un quaderno, che pare messo lì per caso sul tavolo. Il quaderno, che mi guarda provocatoriamente e senza rendersi conto che è rimasto ben poco da provocare, dovrebbe essere in una cartella …
E’ tardi, tardissimo. Basta. Andate a scuola, che papà fa anche tardi al lavoro, da domani si cambia vita.
Lo svolgimento
Ore 16.00. Riprendo i nani grandi a scuola e mentre guido sotto la pioggia, illustro le linee guida della nuova organizzazione “da caserma”.
In sintesi: non avete dimostrato responsabilità e autonomia, io non ho intenzione di sostituirmi a voi perchè siete voi che dovete essere protagonisti della vostra vita ( e io della mia … cioè devo riuscire almeno a fare colazione in pace), quindi da oggi fino a data da stabilirsi parte un tutoraggio serratissimo.
Controllo a tappeto dei diari e dei compiti, ripetere a un adulto senza se e senza ma (“Ma la so già!”) le materie di studio per il giorno dopo, preparazione pre-cena della cartella e altri materiali sotto l’occhio vigile e indagatore della sottoscritta. Più altri dettagli circa abbigliamento e igiene personale.
La truppa è silenziosa. Dallo specchietto osservo che si scambiano sguardi: stavolta la Bamamma ha perso davvero la pazienza.
L’epilogo
E’ sera. Si controllano i compiti per il giorno dopo, sotto lo sguardo di Bamamma in versione austera.
Il Sindacalista, dove aver provato ad aprire una contrattazione ma nemmeno con troppa convinzione, va da papà a ripetere le formule di geometria, che “tanto le so già perfettamente”.
La Streghetta vaga inquieta, si sente tagliata fuori dalle procedure e azzarda un “Voglio fale anche io i compiti”. Quindi viene dotata prontamente di pennarelli e fogli, al puro scopo di farla stare buona qualche minuto.
La BimbaCartoneAnimato completa un disegno e me lo mostra. Mi appoggio alla scrivania e guardo il disegno di Fata Funghina. Chiacchieriamo un po’ “tra donne”. Anche le mamme senza pazienza hanno un cuore.
Ad un certo punto, sempre semi sdraiata sulla scrivania, sento qualcosa che mi sfiora quei centimetri di pelle scoperti tra il jeans e la maglia. Maledetti jeans a vita bassa. Sfoderando doti da contorsionista mi guardo allo specchio … sulla mia schiena in basso (chiamiamola schiena …), una allegra faccina con due occhietti, mi sorride. Il pennarello che ha fatto i due puntini degli gli occhi non l’ho sentito, il sorriso sì.
La BimbaCartoneAnimato ride a crepapelle. Ridono anche l’Ingegnere e il Sindacalista, sopraggiunti dalla cucina per il trambusto …
“Ma … ma … Streghetta! Mi hai disegnato col pennarello sulla schiena??”
“Non sono stata io, è stato Babbo Natale!”
Non so se per fare la mamma ci vuole pazienza, ma di certo ci vuole tanto senso dell’umorismo.
Anche per sopravvivere alla constatazione che, per quanto tu ce la metta tutta, sei una coperta troppo corta. Per fortuna. E dove non puoi arrivare tu, ci sono i tuoi figli con tutto il loro essere persone e la loro straordinaria originalità.
Parlare per farsi ascoltare
La parte più semplice del comunicare con i nostri figli è parlare.
La più difficile farsi ascoltare. Più difficile ancora ascoltarli.
Partiamo quindi dalle cose facili.
Come parlare ai nostri figli, specialmente piccoli, per riuscire a farci ascoltare?
“A me gli occhi”
Per dire le cose importanti ai tuoi bambini, guardali negli occhi. Significa proprio che ti devi abbassare al loro livello, e più sono piccoli più ti devi abbassare. Ti devi fermare, smettere di pelare patate, mandare messaggi, rifare i letti … e guardarli. E chiedi loro di guardarti. Così sei sicuro che si distrarranno come meno facilità e gli stai già dicendo che ciò che hai bisogno di comunicargli è importante e che hai bisogno della loro attenzione.
Ovviamente se devi chiedergli se per cena preferiscono la pasta in bianco o col ragù, non è il caso di mettere in atto questo rituale.
“Sic et simpliciter”
Non usare termini troppo vaghi, ma cerca il più possibile di essere preciso. Se è il caso fai anche degli esempi molto pratici. Se stai uscendo insieme ai tuoi bambini e dici loro: “Mi raccomando, comportatevi bene!”, spiega loro cosa intendi per “bene” (Stare zitti? Salutare? Stare vicino a voi?).
Quando parli ai tuoi figli usa parole precise e semplici.
Questo non vuol dire che devi parlare in “bambinese”. Se vuoi che i tuoi bambini sappiano che il veicolo a quattro ruote che usate quotidianamente si chiama “automobile” è inutile che tu dica sempre : “Adesso prendiamo la brum brum e usciamo”. Un po’ di lessico familiare rende calda la comunicazione, ma con moderazione!
All’estremo opposto, se usi termini troppo complessi, non ti capiranno.
Se dite a vostro figlio che vi sta parlando in modo un po’ troppo concitato: “Mi sembri posseduto!”, potrebbe rispondervi: ”Non sono un po’ seduto, sono in piedi!”.
Meglio essere sicuri che capiscano cosa dite, specie se per voi è importante!
“Breve ma intenso”
Non perderti in spiegazioni troppo lunghe, che tanto i bambini non ascolterebbero.
Quando qualcuno si dilunga con noi e non viene subito al dunque, ci annoiamo. Anche i nostri figli si annoiano, se ci perdiamo in preamboli o digressioni. Inoltre hanno un tempo di attenzione decisamente breve, quindi meglio dire subito le cose importanti ed eventualmente poi dare informazioni o spiegazioni aggiuntive.
Spiegazioni eccessivamente articolate e lunghe, rischiano non solo di annoiare ma anche di confondere e disorientare.
E’ inutile ripetere come un disco rotto le medesime frasi se avete già fornito una volta una spiegazione oppure dilungarsi se il vostro bambino è in una situazione di pericolo imminente. In questi casi, un “no” deciso, o allontanare fisicamente il bambino dal pericolo, è molto più efficace di tante parole.
Altrimenti potrebbe succedere che mentre gli spieghi per filo e per segno perché è meglio che vi dia la mano e gli elenchi quali pericoli può correre se si allontana troppo, l’hai già perso tra la folla.
Questo chiaramente non è un invito a parlare ai tuoi figli a monosillabi :”Sì, no, fermo, seduto, mangia, basta”. Se qualcuno si rivolgesse a noi così, non ci piacerebbe. Quindi, a meno di casi “estremi”, non facciamolo coi nostri figli.
Riprova e controlla
Per quanto tu sia stato in contatto visivo con loro, e per quanto tu abbia cercato di essere semplice, preciso e breve, è assolutamente possibile che tuo figlio non abbia capito.
Chiedi ai bambini se hanno capito.
Se non hanno capito , dì loro che hanno fatto molto bene a dirtelo, e “traduci” ciò che hai detto con parole più semplici.
Se non sei convinto che abbiano capito o se comunque sei desideri essere sicuro che il tuo messaggio sia arrivato correttamente, chiedi al bambino di ripetere cosa hai detto.
Però ricordiamoci che se vogliamo insegnare ai nostri figli ad ascoltare, dobbiamo prima di tutto ascoltarli. Tra l’altro, “concedersi” un tempo e uno spazio per ascoltare i nostri figli è un’esperienza istruttiva e divertente …
Ma ci saranno di certo altre occasioni per approfondire il tema dell’ascolto.
Equivoci lessicali
In bagno
“Mamma ho un po’ fleddo”
“Ingegnere, non è che con tutti questi bambini ammalati alla scuola materna, la Streghetta stia covando qualcosa?”
“No, mammina, non pleoccupalti, non sono una gallina!”
A tavola
“Ingegnere, ho confrontato i calendari scolastici dei nani. Sai che i nani grandi il 9 Dicembre fanno il ponte e la Streghetta invece non lo fa?”
La Streghetta scende rapidamente dalla sedia, nel bel mezzo della cucina si sdraia sul dorso, piega le gambette e, puntando mani e piedi a terra, alza il culetto.
“Visto mamma, che lo so già fare il ponte!”
Economia domestica
“Mamma, adesso che lo abbiamo visto, puoi riportarlo dove l’hai preso?”
“Mamma, ho capito che per allattarlo lo devi tenere in braccio, ma non è necessario che lo accarezzi!”
Disse Bamamma seienne all’arrivo del suo fratellino.
Poco più avanti negli anni, insinuò (in modo da essere sentita bene) di non ricordare affatto di aver visto la SignoraMamma incinta del fratello e osservò con studiata disinvoltura che era oltremodo evidente che costui non assomigliasse a nessun altro membro della famiglia.
La mela non cade mai molto lontana dall’albero, dicono. Ahimè.
Il sindacalista sentenzia: “Vorrei una vita senza BimbaCartoneAnimato!” ,“Quelle due hanno rovinato la mia breve vita!”.
La BimbaCartoneAnimato, “donna” di poche parole, si limita a smorfie di disgusto. Talvolta chiede: “Ma dove l’hai trovato, nelle patatine scadute?” oppure dice: “Il più bel regalo sarebbe una vacanza con te … senza quei due!”.
“La BimbaCaltoneAnimato mi sglida, il Sindacalista mi infastidisce!” ha già ben chiaro la Streghetta. E se li vede litigare, osserva attentamente, decide chi a suo insindacabile giudizio ha ragione e … mena l’altro.
La cosa che odio di più dei nani è quando litigano.
Di solito iniziano a colazione, quando io non sono ancora in grado di intendere e volere, e proseguono imperterriti mentre si lavano e si vestono. Poi … continuano.
Non sopporto quando litigano in macchina, dove, nemmeno volendo, puoi cambiare stanza e la mancanza di spazio vitale amplifica gli stati d’animo e diminuisce la tolleranza (della sottoscritta).
Poi li riprendi al pomeriggio dopo la scuola, e come se nulla fosse successo in mezzo, ricominciano.
Quel giorno avevo già sedato diverse risse e placato lotte intestine …
Allora li ho presi, li ho messi tutti e tre lì belli seduti e ho chiesto loro:
“Ma io e papà litighiamo più o meno di voi?”
E loro: “Di meno”
“Litighiamo tanto o poco?”
“Poco”
“Quindi litighiamo meno di voi e poco … e quelle poche volte, a voi piace quando io e papà litighiamo?”
“No, è brutto!”
“E allora se a voi non piace quando litighiamo, mi spiegate parchè cavolo a me dovrebbe piacere vivere con voi che litigate in continuazione?”
Ammettiamolo, mi è riuscita bene questa. L’ho capito dall’effetto sorpresa che aleggiava sui loro volti. Infatti ha funzionato e hanno smesso. Per quel giorno …
Hanno una memoria decisamente a breve termine i tre nani.
Il sindacalista è ragazzo che coltiva due passioni: una stuzzicare le sorelle, specie se si annoia, l’altra alimentare la sua vena consumistica perseguitando l’Ingegnere e Bammma a suon di “Mi compri …”. Cosa gli dovremmo comprare non è importante, lui riesce a desiderare qualcosa anche in farmacia o in un negozio di biancheria intima.
Quel 7 Ottobre, evidentemente aveva già dato abbastanza con la prima passione e aveva deciso di dedicarsi alla passione numero due …
“Mamma mi compri il deck Dragononsochecosa?”
“No”. Resisti Bamamma, se dici no, sai che sarà lotta dura e prolungata.
“No? Perché no? Dai mamma, non posso fare nulla per guadagnarmelo?” No, la contrattazione non la reggo.
“Dai mamma pensaci bene c’è qualcosa che posso fare? Qualcosa che desideri molto?”
“Sai qual è l’unica cosa che ora desidero sopra ogni cosa?” Bamamma attenta, stai scivolando come una dilettante nel trappolone. Col Sindacalista al tavolo della trattativa nemmeno ti devi sedere!
“Dai mamma, cosa? Dai mamma, dimmelo. Una cosa che vuoi … Daiiiii! Io la faccio!!!!”
“C’è solo una cosa che voglio oggi! Che tu e le tue sorelle andiate d’accordo, usiate parole gentili fra di voi e la smettiate di litigare e urlare per ogni cosa in continuazione!”
“Ok, mamma! Se lo faccio per un mese mi compri il deck Dragononsochecosa?”
E Bamamma disse sì.
La cosa inquietante è che il Sindacalista, persecutore di sorelle, resiste dal 7 ottobre.
Non litiga, non stuzzica, a volte fa anche dei piaceri alle due nane. Ieri l’ho sentito dire alla Streghetta che gli saltava sopra: “Dai smettila, che non posso picchiarti!”.
Io ovviamente sono incazzata nera: quindi tu perfida, subdola serpe che mi sono allevata in seno sei in grado, solo se lo vuoi, di non innescare logoranti conflitti familiari?
L’Ingegnere in separata sede ha fatto le medesime rimostranze e ha sottolineato che non condivide questa compravendita di amor fraterno.
Io naturalmente ho negato e ho spergiurato che il nano grande così dà prova di saper fare fatica, essere in grado di autocontrollarsi ed essere responsabile per raggiungere l’obiettivo.
E che spero che si renda conto che così si sta meglio …
Di certo, dal punto di vista dell’economia domestica, nessuno può negare che ho fatto un grande affare: per 13 euro mi sono comprata un mese di pace familiare.
Persona che non ha dimora abituale nell’alloggio
La parola censimento mi fa sempre venire in mente la nascita di Gesù. Certo se Giuseppe e Maria avessero avuto la possibilità della compilazione on-line Gesù non sarebbe mai nato in una mangiatoia a Betlemme.
In effetti il sito del censimento rifiuta anche me … mi ringrazia per la mia tempestività e mi dice che ho tempo fino alla fine dell’anno per la compilazione on-line. L’ho detto che finivamo a Natale.
Mi armo di penna a sfera blu o nera e santa pazienza e inizio a compilare … e come da miglior copione arriva la Streghetta.
“Mamma, mamma! Mammina? Mammaaaaa? Plonto?! C’è nessuno in casa?”
Come no … ci sono cinque componenti che hanno dimora abituale nell’alloggio …
Abbandono i fogli ed entro in contatto oculare con la treenne.
“Mammina hai visto pel caso mio malito?”
“Veramente non sapevo neanche che avessi un marito, figurati se l’ho visto!”
“Sì, si chiama Talzan”. Ossignur sono la suocera di Tarzan… un nome sobrio poi direi …
“Tarzan?”. Domanda 7.8 del censimento “quale mezzo di trasporto ha utilizzato per recarsi al luogo abituale di lavoro?” risposta 11 “Altro mezzo (la liana)”.
“Sì, Talzan, è mio malito?”
“Buono a sapersi. No qui non l’ho visto. Non sai dove potrebbe essere adesso tuo marito Tarzan?”
“Lui abita a Nonvelodico, ma a Nonvelodico in un altlo posto, non questa Nonvelodico, un’altla Nonvelodico …“ per motivi su cui non mi dilungherò, di Nonvelodico avrei detto che ne bastava una sola … e ad ogni modo a questa domanda non devo rispondere perché sulla prima pagina del foglio di famiglia è riportato l’indirizzo prestampato. Tiè.
“Adesso povelino si è fatto male alla gamba e è andato da sua mamma pel falsi culale” Questa ce l’ho! 8.3 del censimento “Ha difficoltà nel camminare o salire/scendere le scale?” “Sì, qualche difficoltà” per mio genero Tarzan.
“Ah, non lo curi tu?”
“Io? Noo, pelchè? Io non lo devo mica culale mio malito!” Brava Streghetta, metti in chiaro subito le cose, siamo donne, non crocerossine con la sindrome da Candy Candy!
“Ma è piccolo o grande questo Tarzan?”
“Un po’ piccolo e un po’ glande . Sai quando era piccolo piccolo cuccioloso come mi chiamava Talzan? Mi chiamava Claudia!”
“Claudia?”. No, quella coi nomi è l’unica parte che son riuscita a compilare … Io il nome sui moduli del censimento non lo cambio, sia chiaro!
“Mamma? Mi ascolti? Ma adesso Talzan è diventato glande.. Sai cosa vuole dile? Vuol dile che adesso lui è mio malito, possiamo sposarci!”
“Ah vi sposerete? E quando?”
“Mmm … vediamo … adesso ci penso … “
“Ci hai pensato?
“Sì, quando è notte andiamo a sposarci! Pelchè noi quando è notte andiamo a sposarci sempre! Ma poi non ci sposiamo più e andiamo a fare la nanna!”
“Ah certo! E dove andrete ad abitare?”
“Come dove andiamo ad abitale? Noi abitiamo qui con te mammina!” … ecco ora lo devo anche inserire nelle persone che non hanno dimora abituale nell’alloggio … Tarzan già dal nome non mi pareva molto affidabile, ora mi sta proprio sulle sfere: sposa mia figlia di notte, abita a casa mia e mi incasina ulteriormente la compilazione del censimento!
“Senti, solo per sapere, dove dorme Tarzan?”
“Dolme nel mio letto, è mio malito, dove vuoi che dolme?” . Ma che domande faccio anche io …
“E certo … Meno male. Ero preoccupata, sai … magari arrivavi tu nel mio letto a metà notte e poi ti seguiva anche lui, finisce che il letto è un po’affollato. Quindi tu stai nel tuo letto con lui?”
“Non saplei. Ci devo pensale.”
“No senti, non pensarci neanche. Io Tarzan nel mio letto non lo voglio!”
“E va bene …. Lo mando dai flatelli.”
“Ma almeno è bello questo Tarzan?”
“Mmm … celto, è stlaoldinalio mamma!” “Mamma non lidele, gualda che è una cosa selia!”
Liberare il tempo libero
Le attività sportive ed extrascolastiche sono molto importanti per la crescita globale del bambino, fanno bene evidentemente bene al corpo dei nostri bambini, che spesso si muovono davvero poco, ma fanno bene anche alla mente e allo spirito.
Spesso scegliere con i figli le attività più adatte a loro è un’impresa ardua. Di seguito una mini check-list per orientarsi:
• Mio figlio si diverte? E’ contento? L’attività lo fa stare bene?
Il bambino deve divertirsi, questo è l’obiettivo principale, più di tutti i risultati e le vittorie “ad ogni costo”. Il gusto di imparare cose nuove, mettersi alla prova, stare con gli amici deve avere una priorità rispetto alle “prestazioni”.
• Mio figlio fa un’attività che è adatta a lui e alla sua età? Ha avuto la possibilità di sperimentarsi in diverse discipline?
Alcuni bambini trovano subito la disciplina sportiva più adatta a loro e magari esprimono un particolare talento in quell’attività. Ad altri bambini deve essere data la possibilità di sperimentarsi in più dimensioni, approfittando di un’offerta di ampia gamma (nuoto, ginnastica, arti marziali, calcio, danza) per trovare l’attività che più gli si addice e che magari li accompagnerà per diversi anni, se non per tutta la vita. E’ inutile forzare i bambini, mentre è corretto fare diverse proposte affinché trovino l’attività giusta per loro.
• L’attività sportiva è occasione per mio figlio per essere più autonomo?
Preparare la borsa da solo, vestirsi e svestirsi, lavarsi, organizzarsi il tempo per svolgere i compiti sono piccole conquiste che l’attività fisica dovrebbe portare oltre al benessere fisico.
• Nella vita di mio figlio c’è equilibrio tra scuola, sport e tempo libero?
Spesso i bambini hanno tutto il tempo “libero” dalla scuola super organizzato.
Invece è importante che i bambini abbiano anche degli spazi non strutturati, dove avere il tempo per annoiarsi, inventarsi un gioco da soli o con gli amici, sperimentare la propria creatività, usare la fantasia, stare un po’ con se stessi e conoscere meglio le proprie caratteristiche e risorse.
Se tutto è organizzato sempre, non si ha tempo per annoiarsi: così però non si ha nemmeno lo stimolo per inventarsi qualcosa di nuovo, scegliere cosa si preferisce fare, provare a gestirsi da soli
Pollicina salva capra e cavoli e diventa Highlander
Alle ore 15.30 il cellulare squilla e vibra, compare una scritta “Nani”.
E Bamamma scatta sui blocchi di partenza.
Ok, lo so che avere una suoneria che mi avvisa di quando è ora di andare a riprendere i miei figli a scuola già fa di me una pessima genitrice. Ma è meglio non avere scuse per dimenticarseli.
E alle 15.30 inizia il mio pomeriggio e come Pollicino parto a recuperare i pezzetti di famiglia che io e l’Ingegnere avevamo abilmente sparso al mattino.
Ore 15.45 uscita nana piccola, ore 16.00 uscita nani grandi. Ovviamente le due scuole situate a una certa distanza.
Parcheggio in pole position e mi posiziono davanti al cancello della scuola dell’infanzia della Streghetta. Chiacchiero amabilmente con le altre mamme. Sembro quasi una persona “normale”. Finchè non si apre il cancello. A quel punto, mi trasformo e prende il sopravvento la centometrista che è in me … entro in classe, visualizzo la Streghetta e la prendo in consegna. Al terzo giro LaMaestra sa bene che di quelle cose tipo pappa-cacca-nanna me ne frega relativamente, quindi in tempi rapidi ci aggiorniamo su “Come è stata la Streghetta oggi?” e tento di uscire, frenata dalla Streghetta che ha sempre qualche buon motivo per rallentare la mia corsa “Mi son dimenticata il disegno” “Mamma non mi hai cambiato le ciabattine” “Ma io avevo lo zainetto losa stamattina”.
Arriviamo alla macchina, ci assicuriamo agli appositi dispositivi di sicurezza e ripartiamo. I parcheggi migliori alla scuola dei nani grandi se ne sono già andati, quindi parcheggiamo ad una distanza improponibile, ci sganciamo dagli apposti dispositivi di sicurezza e ricominciamo a camminare a passo sostenuto. “Mammina, mi fanno male le gambine. Mammina sono stanca”. “Su tesoro, cammina ancora un po’ che poi ti prendo in braccio” (tradotto: “Cioè tu a tre anni sei stanca? E io che ne ho 40 cosa dovrei dire?”).
Ma è recuperati tutti i nani che inizia il vero pomeriggio. E le attività extrascolastiche. No, perché sono importanti eh, per la crescita globale del bambino e blablabla. Sui moduli di iscrizione però ci dovrebbe essere scritto che “nuoce gravemente alla salute della mamma”, così almeno so che a lungo andare mi uccideranno.
Dopo aver passato mesi e mesi a decidere rispettando le inclinazioni dei nani, trovare compromessi tra il non fare niente se niente non comporta fatica di nano grande e fare tutto di nanna di mezzo, incastrare attività, studiare planning e curare la logistica, nonché i trasporti credevo di aver trovato la miglior organizzazione possibile. Peccato che sia una sorta di organizzazione domino (cade un pezzo e crolla tutto) e che preveda che la sottoscritta abbia un allenamento fisico mostruoso, la pazienza degna di un santo, nonché nani altamente collaborativi. Credo che tutti i prerequisiti mi manchino.
In pratica più che ad una mamma assomiglio di più al famoso contadino della capra e dei cavoli. Al posto della barchetta, una macchina a cui manca solo l’insegna taxi.
Il top del masochismo sono riuscita a raggiungerlo il Martedì pomeriggio, giorno in cui porto a catechismo nano grande e nel medesimo orario porto a ginnastica ritmica nana di mezzo. Sì stesso orario. Ho il dono dell’ubiquità. Mi sono già allenata negli anni scorsi. Se fai un po’ tardi di qui e arrivi un po’ prima di là, sorridi molto, sembra quasi che tu sia all’ora giusta in tutti i posti. L’esperienza in parte si ripeterà un‘altro giorno alla settimana quando il Sindacalista sta a scuola per fare Viet-Vo-Dao, impronunciabile, ma bellissima arte marziale vietnamita. Io nel frattempo provvedo ad accompagnare la nana di mezzo a ginnastica . Finiscono entrambi alla stessa ora. Ma qui sono avvantaggiata perché sono a 100 metri di distanza uno dall’altra e io sono Ben Johnson. O meglio dovrei esserlo … nel senso inizio a pensare che forse dovrei pensare al doping.
Ad oggi resta un terzo giorno occupato … in cui “solo” la bimba Cartone animato è impegnata per il catechismo. Si tratta “solo” di portarla e riaccompagnarla. Ovviamente con altri due figli al seguito , di cui la più piccola (peso 18 chili nuda … ma io di solito la porto in giro vestita) spesso sotto in braccio, stile presa rugby.
Tutto ciò è bellissimo e ti fa veramente sentire davvero una brava mamma. Se poi al mattino per sentirti anche un po’ donna ti eri messa i tacchi … allora sì che verso le 18.15 quando sei riuscita a rimetterli tutti in macchina, agganciati agli appositi dispositivi di sicurezza, direzione casa, ti senti un Highlander.
A proposito di “autostima e dintorni”
Uno dei regali più grandi che come genitore puoi fare ai tuoi figli è la stima di sé.
I bambini che si sentono apprezzati e a cui è stata comunicata fiducia nelle proprie capacità, crescono con una sana e sufficientemente positiva valutazione di se stessi.
Avere una buona autostima aiuta a fidarsi di sè, delle proprie valutazioni emotive e cognitive e a non dipendere totalmente dal giudizio degli altri. Mi aiuta a credere che posso realizzare pienamente le mie possibilità, che ho delle risorse da mettere in gioco. Tutto ciò mi renderà più appagato e sereno.
Come puoi aiutare i tuoi figli ad avere una sana, equilibrata e positiva relazione con se stessi? Ecco 10 (+1) suggerimenti educativi…
- Valorizza il positivo. Molti di noi sono convinti che è dovere del buon genitore far notare l’errore, cosa manca ancora, affinché il bambino si corregga e migliori. Dimentichiamo spesso che sono le cose positive che rimandiamo ai nostri bambini che costituiscono la spinta migliore per crescere.
E’ con i mattoni che si costruisce la casa, non scavando buche!
I bambini hanno bisogno di sentirsi dire cosa hanno fatto di bello, senza ogni volta sottolineare le mancanze “Ho preso nove e mezzo!” “E perché non dieci?”. E’ importante enfatizzare gli atteggiamenti positivi, valorizzare ciò che hanno fatto bene, sottolineare quando hanno rispettato una regola, aumentare loro le responsabilità quando hanno svolto bene un compito. Esplicitare gli aspetti positivi del loro comportamento, in modo sincero e contestualizzato, costituisce una guida potente per il futuro: se faccio così come ho fatto, va bene! - Fai sentire a tuo figlio che lo apprezzi per quello che è, che hai fiducia in lui. Questo lo renderà più sereno, aperto, sicuro, consapevole del proprio potenziale. Non vuol dire assolutamente che ti devono andar bene tutti i suoi comportamenti, compreso dipingere sui muri di casa appena imbiancati, ma gli deve arrivare forte e chiaro il messaggio che ti piace come persona. Se credete in lui, anche lui avrà buone possibilità di credere in se stesso.
- Dai ai tuoi bambini responsabilità proporzionate all’età e affidagli piccoli compiti domestici. Favorire l’autonomia nella quotidianità incrementa e fa sperimentare al tuo bambino che ti fidi di lui e che ce la può fare!
- Se non riesce in qualcosa o se spesso si comporta in modo non adeguato, non dirgli: “Tanto sei così! Non cambierai mai”. Non dirgli nemmeno “Poverino!”. Gli farebbe sentire che non può cambiare e che, anche se si impegnerà, non ce la farà mai. Se “rinunci” tu per primo e non credi nelle sue possibilità di cambiamento, perché lui dovrebbe stimarsi tanto da fare la fatica di cambiare?
- Insegnagli che è protagonista della sua vita, e quindi a non credere troppo nella sfortuna o nella fortuna, a non dare la colpa o il merito dei suoi successi/insuccessi sempre ad altre persone, ma aiutalo a credere nelle sue capacità.
- Nutri aspettative adeguate nei confronti di tuo figlio. Aiutalo a identificare obiettivi e utilizzare le sue risorse per raggiungerli. Ma fai in modo che sperimenti dei successi, aiutalo a scegliere obiettivi adeguati alla sua età e rispettosi del suo modo d’essere (non di altri, né di quello che vorresti tu che fosse…) affinché si senta soddisfatto di sé.
- Autostima non è iperautostima. Aiuta i tuoi bambini a conoscere ed accettare i propri limiti. Giovanni è dislessico ma corre velocissimo. Stefano è bravo a scuola ma a nello sport è un po’ “impedito”. Ci sono alcune cose che anche io che sono la mamma so fare e altre no. Anche agli adulti capita di sbagliare ( almeno a me spesso!). Però non lasciare che tuo figlio dica “non ci riesco” o che rinunci prima di provare a fare qualcosa. “Adesso riprovo e se riprovo posso riuscirci!”. E soprattutto non è necessario essere perfetti, vero?
- Dai a tuo figlio la possibilità di scegliere e di essere, in modo consono alla sua età, indipendente. Dagli la possibilità di incominciare a decidere cosa mangiare per merenda, che amici invitare a casa, che tipo di attività sportiva preferire, che vestiti indossare. Accompagnalo ed invitalo a scegliere tra possibilità adatte a lui (quando sono molto piccoli anche tra solo due possibilità “Vuoi indossare questo vestito o quello?”). Sentire di poter decidere, fa sentire più responsabili e protagonisti, aumenta il senso di fiducia in sé. I bambini chiaramente devono sapere che ci sono decisioni che non spettano loro, ma che nel loro piccolo possono fare delle scelte e che, crescendo, possono dare un contributo alle decisioni familiari.
- Se i tuoi figli hanno un problema, non dare loro la soluzione, ma per piccoli o grandi che siano, aiutali a trovare la loro. Chiedi loro come si sentono e cosa possono fare. Se gli offri subito la tua soluzione li farai sentire incapaci “Io non ci ero arrivato” e dipendenti da te.
- Digli “Grazie” “Ti voglio bene” “Sei importante per me!”. Bacialo, abbraccialo, passa del tempo con lui, cerca di esserci nei momenti importanti per lui. Digli che è speciale e perché.
- Cerca di essere un buon esempio. Niente insegna più l’autostima che stare con una persona che ha un rapporto equilibrato e sano con sé e che –tirando le somme- sta bene. E che se sbaglia, impara dai suoi errori.
A proposito, mi dici una tua qualità?
Uno, due, tre…
se ti avessi chiesto un tuo difetto, a questo punto me ne avresti già elencati almeno tre!