Week end in famiglia
Il fine settimana è un momento in cui finalmente la famiglia può passare del tempo insieme.
A volte hobby e sport al posto di unire la famiglia però la dividono. Il papà il sabato o la domenica può finalmente giocare a golf, il figlio ha la partita di calcio, la figlia la gara di ginnastica, la mamma ….
Invece qualche volta uno sport da provare tutti insieme, un gioco, un hobby da condividere per un giorno, una visita ad un museo o a una mostra, sono occasioni importanti in cui la famiglia può ritrovarsi a fare qualcosa di piacevole e non ordinario.
Sono momenti in cui si ha l’opportunità di conscersi meglio tra figli e genitori, sia nelle proprie capacità che nel proprio desiderio di mettersi in gioco in ciò che non si sa fare.
Sono opportunità per stare insieme, a patto che i genitori abbiano voglia di uscire un po’ dai loro schemi e vincere la pigrizia mentale (e che quella fisica). Accogliendo la sfida di trovare qualcosa che possa appassionare la famiglia intera.
Tutti al cinema, tutti a scoprire la propria città, tutti sulla neve … ma anche semplicemente tutti intorno a un tavolo a fare un gioco in scatola: un’attività che mette grandi e piccoli sullo stesso piano, in cui tutti devono rispettare le stesse regole e ognuno può mettere in evidenza le sue caratteristiche. E in più ci si diverte in famiglia, che non è assolutamente secondario!
E voi? Qual è l’ultima volta che avete fatto qualcosa tutti insieme in famiglia?
A proposito di … (week end da non imitare!)
Un ritocchino prima dei 40
In tempo di neve e ghiaccio diffuso in tutta la penisola, mi viene automatico raccontare la mia improbabile avventura di un anno fa, accaduta proprio pochi giorni prima del mio quarantesimo compleanno.
Una ‘tranquilla’ domenica sulla neve tutti insieme … Dopo aver bobbatto e slittato a più non posso, l’allegra famigliola si dirige verso il ristorante … Trascinavo due bob con una mano e nell’altra avevo guanti, cappellini e altri gentili omaggi dei miei adorati pargoli (le mamme mi capiranno).
La BimbaCartoneAnimato dietro di me scivola, io mi giro forse per tentare di afferrarla e cado maldestramente … con le mani occupate, sbatto violentemente il viso sul ghiaccio senza nessuna intermediazione. La nana di mezzo è sana come un pesce, solo una chiappetta un po’ livida.
Vi risparmio la scena pulp con la sottoscritta sanguinolenta intenta a non sporcarsi la tuta da sci bianco panna (priorità da casalinga inquieta), tre nani ululanti in lacrime e un marito che saltava dagli uni agli altri senza trovare un fazzoletto di carta. La presenza di spirito maschile …
Il labbro inferiore aveva un bel taglio profondo … il resto sembrava tutto al suo posto.
Usando un pugno di neve come ghiaccio mi dirigo – sempre seguita da codazzo di figli in lacrime – verso il punto di soccorso; lì, con scena strappalacrime di bambini che pensavano che portassero via la loro mamma, i paramedici, dopo avermi gettato addosso un po’ di fisiologica (o forse era acqua di Lourdes) mi consigliano, vista la profondità del taglio, di recarmi al più vicino pronto soccorso.
Il più vicino PS è a circa un’ora da dove siamo, casa è a un’ora e mezza … Con le tute da sci partiamo per casa.
Lancio i tre nani in casa della mia SignoraMamma (che per poco sviene, non so se per la gioia della compagnia domenicale dei nipoti o per la vista della figlia un po’ trucidata) e vado a inaugurare la nuova sede dell’ospedale di fianco a casa mia.
Mi visita un chirurgo che prima mi chiede con chi ho litigato (coi miei figli ed hanno chiaramente vinto loro direi …), poi mi spiega che mi deve dare dei punti, ma mi farà male, molto male (e va bene ho capito, non è che devi dirmi proprio tutto, fai un po’ il vago) ma male davvero … perché non può farmi l’anestesia perchè gonfierebbe troppo il labbro.
Mi cuce a mano libera e soddisfatto del ricamino mi chiede: “Fa male vero?” … e da sotto al labbro gonfio risponde la femminista che è in me: “Si vede che lei è un uomo e non ha fatto tre figli”. Tiè.
Poi col ricamino nuovo di pacca e un chilo di ghiaccio in mano mi spediscono a fare una lastra. In radiologia un simpatico radiologo dopo avermi fatto ripetere tre volte la mia età (con la tuta da sci non ho l’aria della madre di famiglia forse), mi fa giurare e spergiurare di non essere incinta. Dopo averglielo assicurato un certo numero di volte e in tutte le lingue del mondo, mi fa firmare l’apposito foglio, non senza deliziarmi di elaborate teorie degne del KGB: “Guardi che ne ho viste di donne che volevano un altro figlio e ingannavano il marito, alcune facevano finta addirittura di prendere la pillola … non c’è nulla di certo nella vita” … ecco, di certo c’è che il numero 4 è stato bandito dal lessico familiare quindi facciamo questa lastra senza dietrologie che me ne vado a casa col mio labbrone …
Oramai stremata aspetto per due ore l’esito della radiografia … Alla fine mi chiamano e mi congedano -labbro a parte sono sana, perché non mi hanno fatto la visita psichiatrica – dicendomi di non bere cose calde (qui ho intuito che non mi stimavano molto perchè solo uno poco sano di mente berrebbe cose calde con la bocca conciata così) e infine con una bella battuta ad effetto concludono: “Signora le chiederanno se si è rifatta le labbra, ma di certo lei non ne aveva bisogno”…
Magra consolazione. La prossima volta vedrò di cadere su un paio di cose a caso situate poco più in basso …
Epilogo:
A distanza di un anno non mi è rimasto praticamente nessun segno fisico ma ho imparato una lezione di vita.
Nei giorni successivi non ero tanto bella da vedere.
A chi in tono rassicurante mi chiedeva: “Ommioddddio ma cosa ti sei fatta?” rispondevo, dividendo gli interlocutori in fasce di età.
Over 35, risposta numero 1: “mi sono rifatta le labbra (con iniezioni comprate su internet, da un chirurgo che costava poco, in un centro in Romania …)”
Under 35, risposta numero 2: “mi sono fatta il piercing al labbro (da sola, me l’ha fatto un amica, in un centro non autorizzato …)”
… il problema davvero preoccupante è che entrambe le categorie ci credevano!!!
Per un tranquillizzante 40% di “ommioddio sei un mostro!” & “vai da un chirurgo plastico che ti resta il segno” , c’era un 60% circa di popolazione che non si accorgeva di niente, ti guardava come se fossi trasparente e non vedeva nulla . Dopo mie insistenze e diretti “Noti niente?”, decretavano: “Ti sei fatta qualcosa ai capelli?” Certo nelle tre ore di pronto soccorso forse ne avrei avuto anche il tempo.
Quindi da questa (dis)avventura ho imparato quanto sia assolutamente inutile truccarsi al mattino.
Tanto il 60% del mondo non se ne accorge.
Stiamo serene.
Parlare o ascoltare?
Ecco un esempio di un percorso “esperienziale” per gruppi di genitori, sul tema della comunicazione in famiglia.
Attività individuali, a coppia e in piccolo gruppo, permettono di sperimentare i temi di riflessione proposti:
- È impossibile non comunicare
- Parlare è solo una piccola parte della comunicazione
- I messaggi non verbali sono molto rilevanti nella comunicazione
- Si può imparare a comunicare: imparare ad ascoltare i figli e le loro emozioni, essere consapevoli dei messaggi che bloccano la comunicazione, acquisire abilità nella riformulazione dei messaggi e nell’inviare messaggi in prima persona, imparare a inviare messaggi che rafforzino l’autostima.
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Trasformare il problema in risorsa
Spesso nella nostra vita quotidiana si presentano sempre gli stessi problemi, le stesse difficoltà.
Anche noi ci ritroviamo a fare gli “stessi” sbagli e le persone che ci stanno vicino “non cambiano mai”.
Probabilmente in queste situazioni, che si ripetono costantemente, abbiamo già fatto dei tentativi per cambiare le cose. E non hanno funzionato.
A volte ci abbiamo anche riprovato un’altra volta e un’altra ancora. Nulla. Non cambia niente. Tranne che aumenta il nostro grado di “lamentazione”.
In realtà a pensarci bene è quasi banale: se lo stesso problema cerco di risolverlo sempre allo stesso modo, con ogni probabilità, otterrò sempre lo stesso risultato. E il problema si alimenterà cercando di risolverlo col modo “di sempre”.
Allora cosa facciamo? Ci teniamo il problema?
No, proviamo a sfoderare un po’ di creatività.
Creatività non è genio e sregolatezza. E’ prima di tutto vedere le cose da un altro punto di vista. E’ fare qualcosa di nuovo, che ci stupisca e che stupisca.
Il mio problema, la mia difficoltà ha un altro punto di vista? Posso vederle la cosa in un altro modo, sotto un aspetto nuovo?
C’è qualcosa di sorprendente che posso fare in questa situazione? C’è una strada non già percorsa che posso trovare?
Cambiate fisicamente posizione, studiate la faccenda da angoli inesplorati, mettetevi nei panni di un’altra persona … se il problema è sempre lo stesso, provate voi a cambiare il punto di osservazione, a infrangere la monotonia.
“Crescendo si migliora” è vero solo per chi ha voglia di imparare dalla propria esperienza per tirare fuori cose sempre nuove. Per gli altri crescere significa solo ripetere gli stessi schemi e lamentarsi di se stessi, degli altri e delle cose che non cambiano mai.
Ecco, forse per essere creativi nella vita bisogna imparare a trasformare i problemi in risorsa, le difficoltà in occasioni per trovare soluzioni, le crisi in potenziali opportunità per tirare fuori risorse che se ne stanno sopite dentro di noi.
La buona notizia è si può imparare ad essere “creativi”
Per provare a “esercitarsi” a guardare le cose da un altro punto di vista, e ad usare la creatività e la fantasia, vi suggerisco un “gioco” (i giochi sono una cosa serissima!).
Prendete un foglio e qualche matita colorata. Provate a rappresentare con disegni e/o a descrivere con parole colorate un vostro difetto. Lo dovete fare in modo divertente come se fosse una caricatura.
Quando avete terminato la vostra opera e siete soddisfatti, guardatela qualche secondo.
E ora provate a vedere i lati “positivi” di questo vostro difetto.Ad esempio: io sono una persona molto curiosa. Mi raffigurerò vestita da ispettore, magari mi metto anche una bella lente d’ingrandimento in mano. Poi scriverò intorno a me i nomi dei miei “investigatori” preferiti: Salvo Montalbano, Key Scarpetta …
E ora provo a vedere i lati positivi “Sono una persona curiosa”: mi interesso degli altri, mi appassiono alle cose, faccio molte domande, scopro e imparo sempre cose nuove …
Spesso nella mia professione, incontro mamme e papà che si lamentano perché il proprio figlio è timido o troppo vivace, oppure perché contesta sempre. Li ascolto e poi chiedo loro: “Ma se dovesse dire la migliore qualità di suo figlio?”. Di solito, dopo una lunga pausa di silenzio, rispondono. E la mamma del bambino timido dice: “E’ attento e sensibile”, e al papà del bambino vivace si illuminano gli occhi e afferma orgoglioso: “E’ pieno di vita”. E i genitori un po’ disperati del preadolescente contestatore dicono: “Ha molto senso critico, vede punti di vista delle situazioni che agli altri sfuggono”.
Forse più che “risolvere” i problemi, dovremmo provare a trasformarli in risorse. Anche perché chiedendo ai nostri figli di “cambiare”, rischiamo di togliere loro la propria migliore caratteristica, ciò che li rende unici e irripetibili.
A volte ci vuole molta creatività e può non essere così semplice e immediato. Ma credo sia una sfida che valga la pena accettare. Partendo da noi.
Una vita al passaggio a livello
Ieri sera mentre mi stavo quasi addormentando una notizia in rete mi ha scosso dal torpore: al “mio” passaggio a livello, grazie ad un accordo tra Comune e ferrovie dello Stato, verrà finalmente installato un display contaminuti, che dirà quanti minuti devo aspettare prima che passi il treno.
Facciamo un passo indietro e vi spiego perché il “mio” passaggio a livello. Io abito in un paesello in provincia di Monza e Brianza, in un quartiere minuscolo e tranquillo (leggi dove non c’è nulla) e in una fantastica casa piena di scale (detta affettuosamente “la torre”), ottima per mantenersi in forma senza andare in palestra (questa l’ha detta davvero l’Ingegnere, giuro!).
Una strada di circa un chilometro mi separa dal centro del paese. Per accedere al centro devo oltrepassare un simpaticissimo passaggio a livello dove uno può rimanere in sosta forzata anche per 17 minuti di fila …
Fermi alle sbarre i miei figli sono stati istruiti all’uso delle peggio parole, pronunciate da una madre cronicamente in ritardo.
Sì perché se anche mi limitassi ad andare a portare e riprendere i figli a scuola, farei minimo 4 attraversamenti al giorno. Di solito, siccome tutto (scuole, negozi, chiesa … ) sta “al di là” del passaggio a livello, sono di più.
Non è una linea ferroviaria secondaria e in pratica a qualsiasi ora (soprattutto se passo io) le sbarre sono abbassate. E’ una certezza che non conosce Sabato o Domenica, festività o orari tattici. Non farò una dissertazione topografica, strutturale e geografica (né tantomeno politica!) ma pare che non si possa fare un sottopassaggio nelle immediate vicinanze. In effetti esiste un percorso alternativo: c’è un cavalcavia a circa un chilometro di distanza, ma “fare il giro” in certi orari é più dispendioso in termini di tempo e traffico, che aspettare. Quindi, fino a circa sei mesi fa, aspettavo e mi lamentavo rumorosamente.
Poi una sera, ferma al mio passaggio a livello ho scattato una foto col mio cellulare e l’ho postata su Fb. Sì perché mi è venuta un’idea originalissima (ehm circa): pubblicherò il primo reality book “La mia vita al passaggio a livello”… il primo libro interamente scritto mentre sei fermo al passaggio a livello. Sarà un libro in 5000 capitoli circa. Corredato con immagini scattate attimo per attimo (così quando non ne potrò più e ingiungerò all’Ingegnere di cambiare casa, avrò anche le prove documentali).
Per vivere ci vuole molto coraggio e ironia. Altrimenti si vive lo stesso. Ma peggio.
E così ho iniziato a postare le foto su Fb. Scatenando i commenti più disparati:
“Che noia” “Sei monotona”… se vi annoiate voi solo con le foto, immaginate me …
“Questo paesaggio comincia ad essermi familiare … mi ci sto quasi affezionando!”, “Quando vedo il passaggio a livello chiuso penso ormai sempre a te” dicono i romantici lontani e vicini, facendoti vedere le cose da un altro punto di vista.
“Magari la prossima volta che sei ferma al passaggio a livello al posto di scrivere, pulisci i vetri della macchina.” Suggerisce l’amica pratica che ti vuole aiutare a far trascorrere meglio il tempo.
“Lui ti aspetta sempre” “Sappiamo sempre dove trovarti se abbiamo bisogno di te” insegna chi ha la grande virtù di vedere sempre il positivo in ogni cosa.
Ed io scatto foto, osservo e condivido.
Intorno a me persone a piedi o in bicicletta, stanche dell’attesa, con movimenti poco plastici passano allegramente sotto le sbarre. Ed io tremo di terrore che gli accada qualcosa ogni volta.
Signore che verso le 19 iniziano a imbastire la cena in auto.
Il solito automobilista impaziente, che dopo il passaggio di un diretto e due locali, decide di fare manovre improbabili per darsi a percorsi alternativi … e immancabilmente quando riesce ad uscire dal groviglio di macchine, si alzano le sbarre.
Ed io invece esercito pazienza, capacità di osservazione e creatività…
In pratica, ridendo e scherzando, mi sono trovata un passatempo che definirei “coinvolgente”.
Sì perché, ora quando troviamo giù le sbarre del passaggio a livello, non ho più tre belve urlanti in auto, ma ho tre creature che cinguettano: “Mamma, mamma, dai facciamo la foto!”
Un giorno c’era con noi un compagno di classe del Sindacalista. “Mamma, mamma, fai la foto!”
“Perché fai la foto?!?” esclama sorpreso. Che non siamo tanto a posto si sa … ma immortalare il passaggio a livello è un po’ troppo anche per noi.
“La mamma sta scrivendo un libro e raccoglie le prove”.
Il display contaminuti non risolverà il disagio dell’attesa al passaggio a livello, ma ci dirà quanto dobbiamo aspettare. Speriamo almeno sia attendibile. Così mi regolo su quante foto fare e quanti capitoli del mio “reality book” ‘Una vita al passaggio a livello’ scrivere
Intanto io il “mio” problema di sosta con annesse imprecazioni se non l’ho risolto, l’ho alleggerito.
Per i miei face-amici, se vi siete stancati del passaggio a livello … vedrete quando inizierò a postare tutte le volte che faccio le scale! Sì, non è una promessa è una minaccia!
Semplificare
Per “semplificare” ovvero per liberarti di buona parte di quelle cose che hai in casa e che non ti servono, non ci sono grandi trucchi.
La prima condizione però è che tu sia convinta e la seconda (almeno inizialmente, se non sei convinta) trovare una buona spalla che ti sproni. Un tutor.
Per partire con il mood giusto puoi guardare questo video:
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Ora iniziamo con le “lezioni pratiche”
Inizia da una stanza per volta, anzi da un armadio o da una cassettiera per volta. Tanto il caos lo hai generato in anni, non lo puoi domare in un giorno!
Estrai tutti gli oggetti, vestiti, pentole, giochi … e dividili in tre parti
- quello che uso e voglio tenere
- quello che si può regalare (ad un’amica, ad un’associazione …) o vendere (negozi dell’usato, in rete …)
- quello che è da buttare
Devi essere SPIETATA.
Manca “solo” un pezzetto? Butta!
Se hai dei dubbi su un vestito o un oggetto, chiediti onestamente da quanto tempo non li usi. Se la risposta è sei mesi/un anno … passa a miglior vita l’oggetto, magari qualcuno lo userebbe o comunque tu non ne hai bisogno! I jeans in cui non entri più da tre anni, non ti entreranno mai più … e se mai ti rientreranno sarà un piacere comprarne un paio nuovo .
Se sei molto in forma e onesta mentalmente puoi inserire la categoria:
- quello che si può riciclare-reinventare- sistemare
… ma chiediti se mai lo farai davvero. Se la risposta è no e se hai tante buone qualità ma non la creatività e la manualità … passa in regalare/buttare/vendere.
Alla fine della giornata, quello che è da buttare, lo devi buttare e quello che hai individuato da regalare, portalo a chi lo devi regalare. Se non puoi subito chiamalo e digli cosa hai intenzione di regalargli o fissa un appuntamento. Questo evita ripensamenti del giorno dopo.
A questo punto risistema in ordine ciò che hai deciso di tenere, diviso per tipologia di oggetto e in modo che siano accessibili e fruibili facilmente gli oggetti di uso più comune.
Altro?
Sì, solo una piccola cosa che riguarda i bambini.
Se sistemate e organizzate i giochi dei bambini, buttando i giochini rotti o incompleti, regalando quelli che non sono più adatti alla loro età o quelli con cui non hanno mai giocato e li riponete per tipologia in contenitori accessibili e facilmente identificabili (cesti trasparenti oppure scatole con un disegno fatto da loro che indichi il contenuto), vedrete che loro ci giocheranno molto di più e più a lungo.
Quando sarà il momento di riordinare, prima di tutto sapranno dove mettere i giochi … poi anche se non lo faranno da soli (o non lo faranno proprio perché capita nonostante i nostri sforzi educativi!), voi ci metterete molto meno ad aiutarli a riordinare. Avere tutti i giochi radunati per tipologia inoltre stimola a usare un gioco per volta e invoglia a riporlo dopo l’uso.
Chiaramente se avete bambini “normali” resterà sempre qualche giocattolo disperso in giro per casa: una bambola, un pezzo di puzzle, quattro costruzioni.
Provate a istituire una scatola un po’ colorata, magari richiudibile, o una grossa borsa, in cui mettere tutti i giochi “trovatelli” che recuperate fuori posto e trovate dispersi negli angoli più impensabili della vostra abitazione. Se avete una persona che collabora con voi nelle faccende domestiche, chiedetele di fare lo stesso: non riporre i giochi ma inserirli nella scatola.
Una o due volte la settimana, chiamate i vostri figli e chiedete loro di svuotare la scatola mettendo tutto negli appositi contenitori o buttando quello che non serve più. Quello che resta nella scatola chiaramente non è di nessuno oppure nessuno lo vuole più … sapete già cosa farne!
Non è una soluzione magica ma aiuta. Soprattutto semplifica l’esistenza.
Tormentoni e buoni propositi
Gennaio è finito. Gennaio mi piace. Perché viene dopo le feste … e già questo è un buon motivo.
Gennaio profuma di ritorno alla straordinaria normalità.
Ebbene sì, lo confesso: il mio desiderio proibito è morire di noia e routine.
Peccato che a Gennaio inizi il tormentone delle influenze e del toto influenze: “Almeno un milione di italiani si è già ammalato di influenza, ma il peggio deve ancora venire …” Grazie ma a me bastavano quelli che si erano già ammalati della mia famiglia. Quelli che mi hanno impedito di annegare nelle mie giornate tutte uguali e nella mia amata quotidianità.
A ben pensarci Gennaio è un mese di temi riccorenti. Per esempio, i saldi sono uno dei miei tormentoni preferiti del mese che apre l’anno. Un altro dei must del mese, ma questo mi piace decisamente meno, è parlare di diete. Dopo le feste si corre ai ripari. Che è un po’ come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Ogni giornale che apri ti propone una dieta. Oppure un oroscopo. Sì ecco, c’è anche il tormentone delle previsioni astrologiche, quelle a cui nessuno crede e tutti leggono. Io, mi distinguo: credo solo alle previsioni positive e ignoro quelle negative.
Ma Gennaio è soprattutto il mese dei buoni propositi. Oddio, ormai siamo alla fine del mese e i buoni propositi sono ampiamente passati di moda.
I buoni propositi sono quella cosa che fai il 1 Gennaio sotto i fumi dei brindisi e che inizi sempre “domani”. Se sei molto trasgressivo dichiari che sono inutili, superati, superflui, che non ci crede nessuno e non li fai nemmeno. Io non sono per nulla trasgressiva e li faccio sempre. Li mantengo … a volte.
Un anno, in “gioventù”, ho fatto il “buon” proposito di dire sempre tutto quello che pensavo. Ai primi di febbraio, una delegazione di amici e parenti (in realtà pochi superstiti tra coloro che ancora mi rivolgevano la parola) è venuta in visita e mi ha gentilmente -ma non troppo- pregato di piantarla e cambiare proposito.
L’anno scorso ho fatto un mega proposito che ho chiamato “semplificare”, ovvero lasciare spazi e vuoti, affinché cose nuove arrivassero nella mia vita. E siccome ho bisogno di supporti esteriori per interiorizzare i concetti, l’operazione è partita dalla “semplificazione” della casa, dal liberarsi di quegli oggetti che non usavo più, non mi servivano, erano un po’ rotti (fantastico il concetto di “un po’” rotto, vero?), mi complicavano la vita o erano di troppo. Bilancio: operazione riuscita … in buona parte
Certo, anche dopo un anno, sono ancora una neofita e ho ancora molto da lavorare sul tema. L’Ingegnere su questa cosa è ultraconvinto (ma proprio sul semplificarsi la vita … non solo la casa e gli oggetti) e ne ha fatto una filosofia esistenziale: meno cose hai da gestire, più tempo hai per vivere. La vita è già complicata di suo … perché complicarsela ulteriormente?
Ma soprattutto resterò sempre una dilettante in confronto alla mia SignoraMamma che quando arrivavano le cartoline diceva: “Oh guardate ci ha scritto Tizio, è stato a Vattelapesca, scrive tanti saluti e blablabla….” Poi con gesto ampio mostrava a tutti la cartolina e concludeva: “Avete visto tutti?” e a quel punto strap strap, due begli strappi e la fu cartolina finiva nei rifiuti cartacei, adeguatamente differenziata .
“Ma mamma!?!?”
“Ossignur, la tengo un po’ e poi? Poi finisce che la butto … quindi … ”
Quindi la butto subito e via …
Semplificando … ne ho molta di strada da fare.
Una favola di famiglia
Lo stile genitoriale è quel particolare modo di essere genitore che ognuno di noi ha, ovvero la modalità prevalente con cui ci si relaziona con il proprio figlio e il clima emotivo che crea.
Lo stile genitoriale è una combinazione delle scelte educative che ognuno fa a partire dalle proprie esperienze, dello stile genitoriale dei propri genitori e delle figure di riferimento che sono state importanti per noi (nonni, zii, insegnanti, allenatori, ecc.).
Rispetto a quanto abbiamo sperimentato come “figli”, le scelte educative sono fatte per somiglianza o differenza : spesso dichiariamo di voler tracciare una linea netta con lo stile educativo dei nostri genitori, “io non farò mai …“ io non dirò mai …” salvo poi ritrovaci in alcuni atteggiamenti avuti dalla nostra mamma o dal nostro papà oppure sorprenderci a pronunciare una di quelle frasi che a suo tempo abbiamo giurato e spergiurato che mai avremmo detto (dal “Mangia tutto, che ci sono i bambini che muoiono di fame” al “Io ti ho fatto, io ti disfo” passando per un’infinita gamma luoghi comuni).
Questo ci dice che anche i nostri figli impareranno molto da noi, semplicemente osservandoci, ascoltandoci, guardando alcuni nostri comportamenti, considerando come ci relazioniamo con gli altri, valutando l’importanza che noi diamo alle emozioni.
Ogni genitore è consapevole di avere una responsabilità rispetto a ciò che sarà il proprio figlio ma spesso non riesce a capire quale può essere l’efficacia delle sue azioni o semplicemente del suo esempio. Ognuno di noi può riconoscere di sbagliare in qualche occasione ma è più difficile che crediamo davvero di poter fare qualcosa per cambiare le nostre modalità.
Fermarci a riflettere su quale è il nostro modo originale di essere genitore e chiederci se è efficace, ci permette di evitare gli errori e di rinforzare invece gli atteggiamenti che sono di sostegno alla crescita dei nostri figli come persone autonome, responsabili ed empatiche.
Guardiamo le clip di questi genitori “da favola”.
In quale genitore mi riconosco maggiormente?
Quali immagini mi suscitano più emozioni e di che tipo?
Quale non vorrei mai essere?
E i figli di questi genitori? Che emozioni provano?
Guarda il filmato:
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Sicuramente vi sarete riconosciuti maggiormente in uno stile educativo. Forse avete anche sovrapposto il volto dei vostri genitori alle immagini di questi genitori “da favola”, forse avete riconosciuto in uno di questi stili quello del vostro partner.
Può anche essere che vi siate riconosciuti in più di una di queste modalità relazionali. E’ assolutamente normale! In certe situazioni, con un certo figlio, in alcuni momenti della nostra vita possiamo frequentare stili diversi. Magari per un breve minuto siamo stati anche genitori negligenti.
Non si tratta di giudicarci o aumentare il nostro senso di colpa (ovvero quella cosa che è nata con nostro figlio in sala parto!).
E’ importante però essere consapevoli del fatto che io in modo prevalente mi comporto in un certo modo, oppure che in alcune situazioni succede spesso che io mi comporti in una altro modo, perché la consapevolezza è un primo passo verso il cambiamento di modalità che riconosciamo non fanno stare bene i nostri figli e non li fanno crescere come persone autonome e responsabili.
Se avete figli preadolescenti (o li avrete!) date un’occhiata alla presentazione completa.
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Il preadolescente affronta un periodo di trasformazioni corporee repentine e di lente conquiste.
Spesso i genitori sono disorientati davanti al loro figlio che non è più un bambino, ma non è ancora un adulto: “Non lo riconosco più!”.
Anche i ragazzi sono spesso confusi per tutti i cambiamenti che li stanno attraversando e possono provare emozioni contrastanti.
Ma noi siamo gli adulti, possiamo reggere e accompagnare questa incertezza.
Un figlio che cresce chiede di essere riconosciuto nel suo cambiamento e che siano valorizzate le sue nuove potenzialità, ma chiede anche di continuare a confrontarsi con un genitore che da limiti e contenimento, e che sia una base sicura da cui iniziare ad avventurarsi nella vita e a cui tornare, sperimentando di essere atteso.
Un figlio che cresce ha bisogno di avere un genitore che si chieda quale sia lo stile educativo che può aiutare meglio un adolescente a diventare adulto.
La spesa dell’anti-vigilia di Natale
L’Ingegnere ama la buona cucina, i cibi sani e naturali, cercare gli ingredienti nelle piccole aziende familiari, nei mercati, nelle fattorie. Purtroppo io invece, se lasciata libera di esprimermi, sono pericolosamente incline all’alimentazione trash . Lui mi guarda con disapprovazione. Per vendicarmi, quando fa lui la spesa e il frigorifero è pieno, io sostengo che non c’è nulla da mangiare (di commestibile s’intende). Una volta mi sono trovata perfino una radice di zenzero in frigorifero.
C’è da dire, che l’Ingegnere adora cucinare e gli riesce davvero bene. E io l’ho coltivato sapientemente regalandogli negli anni diversi corsi di cucina. Quando si dice l’investimento.
Per inciso, come qualcuno potrebbe insinuare, io non cucino male … io non cucinerei e basta.
Visto che l’Ingegnere torna alle 20.00 minimo e i miei figli non sono denutriti, qualcosa evidentemente gli faccio da mangiare. Ed è appunto la routine culinaria che mi uccide e non mi appassiona nemmeno un po’.
A dirla tutta io sono molto molto brava a cucinare quelle cose sfiziose tipo antipastini, dolci, torte salate e tutto ciò che non serve a nulla nell’economia domestica quotidiana. L’antitesi del “facciamo qualcosa di semplice al volo”, la negazione del “q.b.”: del resto io per fare la crema di riso ai miei figli, usavo la bilancia.
Ecco, proprio a me, futura autrice di due testi di cucina: “Scongelato e mangiato” e “Cucinare nel tempo di una telefonata”, è toccato in sorte un marito che a quattro giorni dal Natale decide che quest’anno cucinerà tutto lui, senza il contributo di alcuno.
Perché lui è l’unico, vero, incontrastato (e chi vuole contrastarlo?) chef in famiglia.
Ore 7.00
L’Ingegnere mi accoglie a colazione con la lista della spesa.
“Ecco, ti ho fatto la lista delle cose che mi devi comprare.”
Inizia profilarsi con chiarezza all’orizzonte che “Io chef, tu sguattera”.
Io e il cappuccino e la lista. Leggo distrattamente … sedano, carote, pasta formato reginette, farina bianca, farina gialla, uova di quaglia, prezzemolo, erba cipollina, pasta fillo … Uova di quaglia, pasta fillo? Devo decidere rapidamente se organizzarmi per fare la spesa all’antivigilia o trovare chi mi ospita a pranzo a Natale.
Ore 9.00
“Pronto?” “Hai già fatto la spesa? Puoi prendere anche della pasta di mandorle?”
Ma certo! Come no? E dove cavolo la trovo la pasta di mandorle? Dietro la pasta fillo, di fianco alle uova di quaglia, nel reparto della mostarda dolce?
Ore 13.00
Dopo aver studiato e ristudiato la lista (con Google e un paio di amiche in supporto) ignorando che tipo di ricette andranno a costituir,e ma fiduciosa nello chef e ormai immersa nel mio ruolo di sguattera (non serve capire, basta eseguire), dopo aver scoperto che il biancostato serve per il brodo, parto molto determinata per la missione spesa.
Piazzata strategicamente in pausa pranzo.
La spesa intelligente: un’ideona brillante che devono avere avuto altri 3000, impegnati nella caccia senza esclusione di colpi all’ultimo pezzo di salmone e nel taglia fuori al bancone gastronomia.
“Chissà perché c’è coda qui? Ma dove andranno tutti?”. Ecco, andavano tutti al supermercato, esattamente dove andavo io a fare la spesa “intelligente”.
Comunque, superate brillantemente una serie di criticità, con sole tre telefonate all’Ingegnere (si sa mai che le cipolline borretane non siano del calibro giusto o che i datteri non vadano bene denocciolati …) ho portato a termine con successo l’impresa. Trovato tutto. Pure l’introvabile. Ho il carrello pieno di ingredienti inquietanti e sconosciuti. Uova di quaglia, pasta fillo, pasta di mandorle e pure mostarda.
Direi un’impresa quasi rapida e indolore. Se non ci fosse stato il carrello derapante …
Ore 18.30.
Ritorna anticipatamente l’Ingegnere-Chef dal lavoro e io lo accolgo cinguettando: “Vieni che ti illustro il materiale che ho acquistato”. Se parli la sua lingua, hai più probabilità di essere presa sul serio. Perchè il vero terrore è dover tornare domani a fare la spesa.
Gli mostro piena di orgoglio tutte le cose acquistate, una per una … “Questa va bene? E questa?”
“Mmmm sì, sì. Mmmm aspetta, voglio vedere anche la fillo!” … e ti faccio vedere anche la fillo …
“Ok, posso andare?”
“Baaaaaaa, scusa dov’è la lista della spesa?” . Ma … cioè … mi controlla se ho preso davvero tutto?
Ore 19.00
Sta già facendo il brodo … il “profumino” di cucina si diffonde ovunque … e sarà il sottofondo profumato che ci accompagnerà nei prossimi due lunghi giorni.
Facciamocene una ragione. Se l’Ingegnere fa il suo risottino però gli perdono qualsiasi cosa.
Ore 21.30
“Baaaaaaaaaaaaaaaa, spegni il brodo. Subito!”.
Ok, l’anno prossimo, tutti in pizzeria.
Ah, per la cronaca, non è come sembra.
Io non detesto il Natale.
E’ che io amo la mia quotidianità straordinariamente normale.
Quindi, non prendetevela troppo, se io gli auguri ve li farò intorno al 9 gennaio. E a quel punto, magari, manderò anche qualche regalino … di buon ritorno alla routine-ma-non-troppo.
I capricci
Ascolta la registrazione della diretta radio su MammeInRadio.it del 20 Dicembre 2011 dove Bamamma&Lapedagogista hanno parlato dei capricci.
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