Chiedere (e accettare!) carezze
Parlando di carezze, ovvero quegli speciali riconoscimenti esistenziali che ci inviano e che ci inviamo, abbiamo già spiegato che la nostra fame di riconoscimenti è così grande, che se non riceviamo sufficienti carezze positive, faremo in modo di riceverne almeno di negative: una qualsiasi carezza, anche negativa, è meglio che non ricevere nessun tipo di riconoscimento.
Provate a pensare ai bambini: se nessuno gli presta attenzione, escogitano un modo per farsi rimproverare (ottenere anche delle carezze negative), piuttosto che passare inosservati.
Nell’economia delle carezze abbiamo parlato anche del divieto “non riconoscere carezze a te stesso” che spesso ci portiamo dietro.
Soffermiamoci ora su altre due limitazioni alla libera circolazione delle carezze.
• non chiedere carezze che desideri o di cui hai bisogno;
• non accettare carezze anche se le desideri;
Quando è partito l’evento #10coseSuper, molte hanno chiesto ai mariti, compagni, genitori, figli in cosa erano super. E ci sono state reazioni di sorpresa, imbarazzo, insoddisfazione…
Diamoci il permesso di chiedere alle persone per noi importanti le carezze di cui abbiamo bisogno . Le carezze che otteniamo chiedendole, non hanno meno valore di quelle che ci vengono date spontaneamente. Un abbraccio chiesto, non vale meno di un abbraccio spontaneo: è sempre un abbraccio. Se non è sincero sarà sempre un abbraccio non sincero. Spesso noi ci aspettiamo che chi ci vive accanto ci legga nella mente, ma, ahimè, non siamo così trasparenti e limpidi da comunicare i nostri desideri. Inoltre l’altro è diverso da me, quello che desidero io, può non essere ciò che desidera lui: non è facile mettersi nei panni dell’altro. Piuttosto che pretendere o aspettarsi che siano gli altri a capire, impariamo a chiedere chiaramente e semplicemente ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene.
Ma soprattutto impariamo ad accettare le carezze. Quando ci dicono una nostra qualità spesso ci imbarazziamo e non sappiamo più dove guardare.
Quando riceviamo una carezza: non minimizziamo i complimenti che ci fanno, non facciamo finta di nulla, non cambiamo subito discorso, non facciamo immediatamente anche noi una carezza alla persona da cui l’abbiamo ricevuta. Impariamo a accogliere le carezze, a gustarle come un bambino gusta l’abbraccio della mamma. Diciamo grazie. E basta. E assaporiamo l’emozione che stiamo provando.
Se col nostro atteggiamento o con le nostre parole rifiutiamo o ci imbarazziamo per le carezze che riceviamo, è probabile che la persona che ci sta accarezzando, dopo uno o due rifiuti, desista e non provi più ad inviarci riconoscimenti positivi.
Un modo per migliorare la nostra dieta di carezze è chiedere quello che desideriamo e imparare a gustarlo.
Quali sono le cose per cui gli altri vi apprezzano? Le cose in cui vi dicono che siete Super? E il momento di chiedere le carezze di cui avete bisogno alle persone per voi importanti e di gustarvele.
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Le carezze come nutrimento
Tutti noi sappiamo cosa è una carezza.
Ma oggi ne vorrei parlare in modo un po’ diverso, condividendo alcune riflessioni in merito a un testo che ha avuto un ruolo molto importante nella mia formazione “Le carezze come nutrimento. I gesti e le parole che fanno stare bene” di Giacomo Magrograssi.
Carezza è un’unità di riconoscimento esistenziale, che comunica “so che ci sei”.
Carezza è un abbraccio, un saluto, “Come stai?”, ascoltare attentamente. Perchè le e carezze possono essere verbali e non verbali: un ciao, una conversazione oppure uno sguardo, un sorriso, ma anche una smorfia di disgusto o uno schiaffo.
Infatti le carezze possono essere positive o negative. Positive sono quelle che la persona che le riceve percepisce come piacevoli; una carezza negativa invece è vissuta come spiacevole.
Piuttosto che non avere carezze preferiamo averne di negative, tanto è grande il nostro bisogno di riconoscimento. E’ per questo che continuiamo a stare con una persona che ci tratta male, ed è per questo che i bambini preferiscono una mamma punitiva piuttosto che una mamma che li ignora. Senza riconoscimenti non c’è crescita, di più non c’è sopravvivenza.
Le carezze possono essere anche condizionate ovvero legate a un comportamento o a una caratteristica specifica, a una competenza o all’abilità nello svolgere un compito (“hai fatto una torta buonissima”, “stai benissimo con quel vestito”). Le carezze incondizionate riguardano la totalità della persona: “sei stupido”, non “non sei bravo in matematica” “hai fatto una cosa sciocca”.
Le carezze positive incondizionate sono quelle che ci riempiono la vita di felicità, quelle negative incondizionate sono le più distruttive.
Le Carezze possono anche essere interne (carezzare se stessi).
Presto nell’economia delle carezze, impariamo però a “non carezzare noi stessi” perché fin da piccoli ci hanno insegnato che “non è bello vantarsi”, “chi si loda si imbroda”, “lo devono dire gli altri quali sono le tue qualità” … quindi spesso ci dimentichiamo di congratularci con noi stessi per un successo raggiunto, di essere soddisfatti, di soffermarci un attimo e sentire la gratificazione per qualcosa in cui siamo davvero bravi. Insomma pensiamo che non è una cosa bella farci i complimenti da soli.
Da un punto di vista fisico il cibo ci permette di crescere e di mantenere il nostro benessere corporeo. Allo stesso modo avviene per le “carezze come nutrimento”.
Come è la nostra dieta di carezze? Abbondante o scarsa? Equilibrata?
Non è una domanda come un’altra.
Il nostro rapporto con questo speciale nutrimento influisce sulla qualità della nostra vita, sul nostro essere in grado di ricevere carezze e darne a nostra volta. Si può imparare a dare e ricevere carezze, ma bisogna iniziare da se stessi.
Siamo insoddisfatti dei riconoscimenti e delle carezze che ci danno gli altri?
Allora partiamo dalle carezze insufficienti e inadeguate che noi diamo a noi stessi.
Mettiamo da parte la falsa modestia, quello che forse ci hanno detto, la sensazione di essere ridicoli e fermiamoci dapprima su qualcosa di concreto, recente che è stato un piccolo successo.
Mettiamo da parte i ma “ma si poteva fare meglio”, i però “però posso migliorare”, i troppo “sono troppo buona e mi faccio fregare”. Eliminiamo i “non era una cosa importante” e “non è ancora abbastanza”. Diamoci una piccola carezza quotidiana. Scriviamola e condividiamola con gli altri.
E se riusciamo diamoci anche una bella carezza incondizionata, dimostrando di riconoscere e apprezzare le nostre qualità.
Per una volta non sediamoci a mangiare a una tavola apparecchiata da altri con cibi che magari ci sono indigesti. Decidiamo noi la nostra dieta nutriente per stare bene. Partiamo da noi stessi.
Impariamo a vedere le nostre risorse e a congratularci con noi stessi per le nostre qualità.
Poi impareremo anche a chiedere (e accettare!) le carezze che desideriamo.
#10coseSuper può sembrare un gioco, e lo è perché è divertente, ma i giochi sono una cosa maledettamente seria e fanno crescere. Proviamo: 5 cose in cui mi sento Super e 5 cose in cui gli altri mi dicono che sono Super.
Prendiamoci un impegno con noi stesse. Tiriamo fuori il meglio di noi!
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Preghiera di una mamma
“Ciao Dio, è un periodo faticoso come capitano a volte. Io sono davvero stanca e sai bene che non parlo di stanchezza fisica … non solo.
Ti prego per i miei figli e per mio marito, prenditi cura di loro, te li affido uno per uno perchè tu li custodisca e li sostenga nelle loro difficoltà… E per mia mamma e mio papà, per i genitori di mio marito, poi la mia amica …
Anzi sai, visto che siamo in periodo di crisi e bisogna risparmiare e visto che mi hanno spiegato che tu sei Padre e ami come una Madre (da cui deduco che Tu sia occupato almeno quanto me), ti faccio un’offerta vantaggiosa e una preghiera che è da un po’ che mi dimentico di fare: ti affido me, tu pensa a me e sostienimi.
Se io sto bene, a tutti gli altri penso io. Sai che puoi fidarti.”
Prendersi cura di sé è un dovere per chi si prende cura degli altri.
Se mi impoverisco e mi esaurisco non ho più nulla da offrire agli altri, a mio marito, ai miei figli, alla mia famiglia, alle mie amiche, alle persone che incontro.
E invece io ho almeno 10 cose in cui sono Super. Anche io me lo devo ricordare di tanto in tanto.
Tu?
L’equipe e la famiglia … e un Social Event
Spesso nel mio lavoro mi è capitato e mi capita di lavorare in equipe con altri professionisti.
Ed è bellissimo, ma anche faticoso.
L’esigenza di lavorare in equipe nasce dalla constatazione che più i singoli specialisti sono in grado di integrare le loro conoscenze, più sapranno occuparsi della persona o della famiglia in modo globale, offrendo un sostegno integrato e qualificato.
Tuttavia lavorare insieme non è sempre facile: ogni membro dell’equipe deve educarsi costantemente ad intraprendere un percorso di crescita e collaborazione all’interno del gruppo.
Le equipe sono luogo di conflitto e cooperazione esattamente come lo sono le famiglie ma ovviamente, in queste ultime, i legami sono più forti.
Ecco cosa ho imparato dalle mie esperienze di equipe, che credo sia utile a chiunque viva in un gruppo, anche nel gruppo più semplice a cui apparteniamo: la famiglia.
- L’equipe e le famiglie funzionano bene quando si riesce a riconoscere che le differenze di personalità e competenza costituiscono una ricchezza. Anzi l’equipe ha la sua ragione di esistere nella diversità, nella differenza di professionalità presenti all’interno del gruppo. Esattamente come la famiglia dove ci sono diversità di generi, di generazioni, di ruoli … Allora la “cura della differenza” e il riconoscimento dell’altro in quanto tale, cioè diverso da me, è compito di tutti i membri di un gruppo. Solo chi non è sicuro di sé ha paura del diverso da sé.
- Come in famiglia, un buon livello di comunicazione aiuta a tollerare la conflittualità e canalizza la progettualità verso obiettivi comuni. Poi si tratta di fare (in famiglia e in equipe) precise scelte organizzative – creare spazi, tempi, modalità- che facilitino realmente lo scambio e il dialogo.
- In famiglia e in equipe spesso bisogna essere razionali anche quando il contesto è fortemente emotivo. Ma tante volte bisogna “sentire” le emozioni degli altri oltre che ascoltare il messaggio verbale.
- Il punto di partenza, sempre se si vuole crescere, è cercare di comprendere l’altro, non di avere la meglio sull’altro. In famiglia e in equipe. Che vuol dire prendere in considerazione seriamente anche le richieste che in un primo momento appaiono inaccettabili: solo dopo averle esaminate davvero posso dire di no.
- E’ obbligatorio consultare sempre gli altri prima di prendere decisioni che in qualche modo li possano riguardare.
- In situazioni di conflitto bisogna imparare ad “attaccare” il problema non la persona. Le persone devono essere sempre rispettate e non deve essere scalfita la loro dignità.
- In equipe e in famiglia è importante ricordarsi di dire agli altri cosa apprezziamo di loro e curare il “clima” relazionale.
- Tutti sono responsabili e si devono impegnare per raggiungere una soluzione ai problemi che si presentano. Se non sei parte della soluzione allora sei parte del problema.
Cinque mesi fa dalla forza centripeta di ChiaraLuce è nata un’equipe che è andata a colorare di emozioni, personalità, professionalità e competenze diverse, un progetto entusiasmante e contagioso: Quando Nasce Una Mamma.
E per festeggiare questo progetto che si prende cura delle mamme attraverso le mamme, tra pochissimo prenderà il via un Social Event che, vi promettiamo, tirerà fuori il meglio di voi!
Il meglio di noi QNUM lo sta già tirando fuori
A prestissimo …
Stregata da una terzogenita
Carissima Streghetta Mia,
voglio raccontarti una storia.
“Pelchè?” mi chiederesti tu. Perché a te piacciono le storie e sei una bimba curiosa e perchè a me piace raccontarle e sono curiosa anche io.
E’ la storia di una bambina. Anzi forse è la storia di una mamma. O forse è la storia di tutte e due.
C’era una volta una mamma che aveva due bambini (e un marito!): un maschio e una femmina. Tutti dicevano “Hai un maschio e una femmina, hai fatto la coppia, sei a posto!”. Ma la mamma non si sentiva a posto per nulla. Così un giorno d’estate (come da tradizione familiare) il tuo papà ha detto: “Non ti sembra arrivato il momento di avere un altro bimbo?” E tu sei arrivata subito, lasciando tutti sorpresi.
La prima lezione è che bisogna stare attenti ad esprimere i desideri, perché poi si avverano.
Ma tu sei un desiderio bellissimo!
E tutti allora dicevano: “Tre è il numero perfetto!” “Ma sì, che poi il terzo cresce da solo!”.
La seconda lezione è che la gente cambia idea in fretta.
Però tu non avevi nessuna idea di crescere “da sola”. Un po’ la mamma era preoccupata: “con due bambini che amo così tanto, così impegnativi e dal carattere ben definito, questa piccolina avrà il suo spazio, la giusta attenzione?”
Ma tu hai posto subito rimedio e così abbiamo trascorso 38 intense settimane insieme, sdraiate sul fianco sinistro.
La terza lezione è che non bisogna mai farsi domande stupide, perché poi la vita ti risponde con tutta la sua saggezza.
Già da allora però mi avevi conquistato: erano momenti faticosi ma quando mi dicevano “come ti fa soffrire questa terza”… io dicevo “No, non è lei”.
Tu eri già Mia, ma io ero già tua.
Sì perché tu, piccola Streghetta Mia, hai una grossa, anzi enorme responsabilità!
Tu mi hai trasformato (o tlasfolmato – questa è una delle tue magie: mi viene da parlare come te) in una mamma senza nessun ritegno e senza alcuna dignità.
Perché devi sapere, che quando è nato tuo fratello il Sindacalista, la mamma era troppo impegnata a fare le cose giuste, da vera Mamma con la M maiuscola, e detto tra noi non ci capiva molto: avrebbe voluto un libretto di istruzioni annesso e ha decisamente perso troppo tempo a cercarlo inutilmente. Quando due anni dopo è nata la tua sorellona, la BimbaCartoneAnimato, invece la tua mamma era determinatissima a non rifare gli errori fatti con il primo figlio e attentissima a dosare le attenzioni tra uno e l’altro. E visto che siamo in un momento di confidenza credo di essermi persa un po’ di cose.
Poi dopo 5 anni sei arrivata tu: farò finta di dire che ora sono consapevole, ho meno ansie e paure inutili, che ho imparato dai miei sbagli, che sono più matura, che ho imparato che vale la pena assaporare le emozioni qualsiasi sapore abbiano… ma forse la realtà dei fatti è che sono completamente fuori di me. Impazzita. Pazza d’amore per te.
Qualcuno dice che il terzo figlio è fortunato perchè ha genitori più sereni e consapevoli, ma ti dirò che io credo che il terzo figlio sia un dono speciale di vita per tutta la famiglia.
Come la spiego questa cosa a te che hai quattro anni? Sì, hai presente quando alla tua festa scarti un regalo e non capisci più nulla? Ecco! A me è successa pressappoco la stessa cosa.
Quando sei nata, ti ho visto e mi sei sembrata bellissima fin da subito. Per intenderci con i tuoi fratelli avevo ancora un briciolo di dignità per rendermi conto che se anche li amavo a dismisura erano poco più che due ragnetti.
Il problema è che ora vivo da quattro anni come se fosse il giorno del mio compleanno e mi hanno fatto un regalo speciale. Con te mi diverto e imparo un sacco di cose ogni giorno, gustandomi attimo per attimo il presente.
La cosa che mi consola è che guardo tuo papà (l’Ingegnere, quello razionale …) e vedo nei suoi occhi lo stesso luccichio.
Sei una Streghetta e ci hai ammaliati tutti, ci fai divertire tantissimo.
Quando, innamorata, ti osservo, e scruto sul tuo viso tutti quei lineamenti dei tuoi fratelli e del tuo papà così ben mescolati da renderti unica e irripetibile e vedo un crogiolo di dolcezza, ironia, vivacità e fermezza, concentrato nei tuoi occhi dolci e furbi, mi attraversa come un lampo, un’intuizione, un dubbio: vero che tu non sei per nulla persuasa di essere la “piccola” di casa?
Poi schiudi la tua bocca piccolina e te ne esci con le tue domande filosofiche-esistenziali o le tue frasi … ehm “colorite”, o con una delle tue poesie-storie surreali… ma non è che tu credi di essere più grande e più saggia dei “flatelli”?
Vero che tu ci guardi tutti dall’ “alto” dei tuoi 110 centimetri o poco più e pensi che con noi bisogna avere a volte una grande pazienza e qualche altra volta intrattenerci e farci ridere un po’?
Poi però questa “mamma un po’ ancora per caso”, diventa “mammina”, tendi le tue manine verso l’alto “in blaccio” e ti arrampichi, ti rannicchi e, nascondendo il tuo visino sul mio petto, ti confondi con me. Ti avvolgo tra le mie braccia e sento ancora quel profumo inebriante di bambina piccola e sento che sarò sempre la tua mamma e che avrò cura di te; ho voglia di vederti crescere e ti proteggerò.
No, “tesolo mio, mio amole”, la mamma non può prometterti che nulla ti farà del male. Ma in ogni cosa bella e brutta io ci sarò. Se tu vorrai.
La mia bambina “grande” compie nove anni
Carissima BimbaCartoneAnimato,
mia piccola grande bambina. Oggi compi nove anni.
Mi sembrano tantissimi e mi sembrano pochissimi per te, che sei così adulta e così bambina insieme.
La notte di nove anni fa, all’inizio di una Primavera e di una Estate caldissima, nascevi tu.
Ricordo momenti che si sono susseguiti velocemente, ma con estrema tranquillità. Ricordo le luci soffuse, la calma e il silenzio. Solo così potevi nascere tu.
Io, papà, l’infermiera premurosa e l’ostetrica dolcissima. Con un’unica spinta ti sei affacciata al mondo alla trentasettesima settimana di gestazione e ti hanno adagiato sulla mia pancia. Eri ricoperta di vernice caseosa, una piccola pesca vellutata piena di capelli neri. Ti sei calmata subito. Mi sei sembrata così piccola, ma non lo eri affatto. Hai subito mangiato da me con grazia e destrezza. Sembrava impossibile fossi nata solo mezzora prima. Mangiavi e dormivi e tutto mi sembrava così facile con te. Mi hai fatto capire bene fin da subito cosa desideravi e se sbagliavo. Fin da allora avevi le idee chiare e sapevi comunicarle, come fai ora, senza lasciare dubbi. Se ti tenevo troppo in braccio o avevi caldo o volevi essere cambiata, protestavi un po’, giusto quel tanto che io capissi. Sei stata molto paziente con me.
Spesso ho avuto e ho l’impressione che più che capirti io, sei tu che capisci me.
Sei una bambina dolcissima. Hai un viso che non mi stanco mai di guardare. Io dico sempre che hai la faccia da cartone animato: quegli occhioni così grandi, l’unica cosa che hai di mio; le ciglia lunghissime; quel sorriso e la risata argentina che si apre su dentini che sembrano delle piccole perline che non si decidono a cadere; il nasino così piccolo che pare inesistente; i capelli scuri, grossi e lucidi. Un viso che si anima in smorfie buffissime ed espressive, da cartone animato, che mi fanno tanto sorridere.
Io ti adoro. E non smetterei mai di baciare le tue guanciotte e stringerti. Quanti baci ci siamo scambiate io e te? Tu sei molto affettuosa, hai bisogno di questo contatto con la tua mamma e il tuo modo di fare è stato contagioso. Sei così mammona che non vorresti mai staccarti da me e ancora adesso un pochino soffri quando non ci sono. Un po’ mi spiazza, ma ti dico un segreto: un po’ ne sono sotto sotto orgogliosa.
Hai una creatività tutta tua, colori, disegni, tagli e incolli con decisione e senza paura seguendo un progetto che hai in testa solo tu.
Hai un incredibile senso pratico, da vera donna, che ti facilita nella quotidianità.
Sei molto vivace, ami giocare all’aperto, muoverti e correre.
E hai forza di volontà da vendere. Hai imparato da sola ad andare in bicicletta e a nuotare. Quando non ti riesce qualcosa, provi e riprovi senza dar retta a nessuno, finchè, con le guanciotte rosse, ma soddisfatta arrivi e fai vedere che ce l’hai fatta: determinata, a volte testarda.
Quando fai un capriccio perché sei stanca o perché vuoi o non vuoi qualcosa, mi sorprendi. Esplodi. Lì è impossibile farti ragionare, viene fuori la tua determinazione, il tuo essere bambina, il tuo non scendere a nessun compromesso.
E poi ti offendi facilmente, così non so mai come sgridarti, perché io che non sono fine come te, appena ti dico qualcosa vedo le tue labbra piegarsi all’ingiù e un sacco di lacrimoni schizzare dai tuoi occhioni e mi sento ancora impreparata dopo nove anni. Dicono che con te sono troppo buona, ma è solo che mi dispiace tantissimo vederti così e ti maneggio con cura come un cristallo prezioso che può frantumarsi.
E in una famiglia di ironici sei arrivata tu che non hai paura a dire: “Non è che non capisco le battute, ma è che non mi piacciono!”, così non posso nemmeno sdrammatizzare e prenderti in giro un po’…
Sei molto donna: con una passione per tutto ciò che è femminile, possibilmente rosa, per il ballo, per il canto, cuci cose pazzesce da sola. Decisamente diversa da me. Però con te ci divertiamo a fare discorsi “tra donne”: i vestiti, i capelli, quello ha detto questo, sai cosa ha fatto quell’altro… e mi piace pensare che quando tu sarai una donna e io una vecchietta continueremo a farlo.
Sei terribilmente giudiziosa. Brava, educata, buona. Addirittura un po’ rigida rispetto alle regole. Hai le idee chiare su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. “In società” fai fare bella figura perfino a una come me!
Sei sempre carina con le persone che incontri, sei attenta, chiedi “Come stai?”, cerchi di essere gentile. La tua mamma che a differenza di te dice le parolacce, ogni tanto dice che sei “paracula”. Però sono sicura che la tua non è una posa: davvero lo fai fin da quando eri piccola, anche con me. Mi chiedi come è andato il lavoro, se sono arrabbiata, se sto bene. Tu sei così, non fai così. Sei empatica di natura, senti quello che sentono gli altri, sei attenta, un po’ piccola mamma dentro.
Sei socievole e autonoma al contempo. Stai bene con tutti: piccoli e grandi. Tu li ami e ami stare in loro compagnia, ti interessano gli altri. Poi all’improvviso sparisci perché hai bisogno anche di stare sola.
Tesoro della mamma,
di una mamma così diversa da te e che a cui piacerebbe avere la tua empatia, la tua dolcezza e la tua forza di volontà,
tu che mi fai il regalo di far sembrare così facile essere mamma,
tu che sei semplice e spontanea, così tanto che a volte la tua mamma che “ama” aggrovigliarsi e complicarsi la vita fatica a capirti;
la tua mamma ti augura di non essere mai troppo triste, come qualche volta succede, perchè i tuoi occhi tristi sono un pozzo scuro in cui si può annegare; ma soprattutto ti augura di essere sempre come sei.
Ti voglio bene bambina mia.
Ancora 10 cose da mamma …
10 cose non posson bastare per definire il complesso ruolo di mamma … quindi eccone altre 10
11. Hai il maglione e/o la giacca, preferibilemente neri o scuri, contrassegnati sulle spalle o maniche – a secondo dell’età dei tuoi figli e della loro altezza- da caratteristiche strisciate di moccio e i polsini dei maglioni incrostati di cibo non meglio specificato. In età più avanzata, continui ad avere nella borsa una quantità imbarazzante di oggetti e residui alimentari. Ma soprattutto, se anche i tuoi figli hanno quasi vent’anni, non ti fai mancare mai fazzoletti di carta e salviettine umidificate.
12. Conti i giorni che ti separano dalle vacanze scolastiche e dopo quattro ore di vacanza inizi a segnare sul calendario i giorni che mancano alla fine della vacanza e a barrarli come se fossi in carcere.
13. Come sopra, attendi con ansia il venerdì e alle sette di sabato mattina (ora in cui comunque i tuoi figli sono già svegli) speri già che venga il lunedì.
14. Emetti suoni garruli di prima mattina al lavoro perché, anche se non lo ammetterai mai, sei intimamente consapevole che a casa ti saresti stancata di più
15. Dalle 16 del pomeriggio svolgi un secondo lavoro non retribuito: la tassista. Nei mesi di dicembre e Maggio, svolgi un lavoro stagionale, ovviamente non retribuito: la comparsa a feste, party e saggi.
16. Trovi belli, imperdibili e artisticamente ineccepibili i saggi di fine anno dei tuoi figli. Spettacoli ai quali obiettivamente parlando puoi resistere più di sette minuti solo se sei genitore. O nonno/a.
17. Vai al cinema molto ma molto più raramente di dieci anni fa, ma sei aggiornatissima su tutti i film di animazione appena usciti. Riesci a resistere fino alla fine della proiezione delle Winx 3D, solo pensando a come ti potrai vendicare quando tua figlia sarà adulta
18. Detieni il record mondiale di “doccia più veloce” e per far ancora più in fretta ti dici ad alta voce che la crema idratante la metterai dopo … mentendo sapendo di mentire.
19. Nel primo anno di vita dei tuoi figli metti a punto complesse tecniche ninja per non fare il minimo rumore quando tuo figlio si è finalmente addormentato (compreso il trattenere il respiro raggiungendo il record di apnea fuori dall’acqua) e continui ad applicarle nei secoli dei secoli, perché “impara l’arte e mettila da parte”.
20. Dormi per un clamoroso colpo di cul … 8 ore di seguito senza interruzione e ti svegli col mal di testa perchè non ci sei più abituata. Ma soprattutto, mentre potresti finalmente andare a letto, guardi i tuoi figli dormire e pensi quanto sono belli… mentre dormono
10 cose da mamma
Quando inizi la tua carriera di mamma potresti iniziare a mettere in atto una serie di comportamenti strani.
Poi, quando i figli crescono, di solito peggiori
1. Nonostante i tuoi figli siano ormai vicini alla maggiore età, per riflesso condizionato acquisito nei loro primi anni di vita, spingi avanti e indietro il carrello del supermercato … forse per far calmare i prezzi
2. Da quando sei incinta (deve essere un allenamento) conosci la collocazione dei bagni di tutti i centri commerciali
3. In macchina, dopo un quarto d’ora che hai lasciato a scuola tutti i bambini, ti accorgi che stai ancora ascoltando il cd dello Zecchino d’Oro
4. Ti ascolti con orrore mentre la tua voce dice una di quelle frasi tipiche da genitore che quando te la diceva tua mamma o tuo papà ti eri ripromesso che non avresti mai detto (“non perchè è mio figlio …”, “se non smetti ti faccio piangere io per qualcosa”, “mangia tutto che ci sono bambini che muoiono di fame”, “tu che sei più grande …”, ecc.)
5. Inizi la tua carriera di mamma con l’annusare con disinvoltura in pubblico il pannolino di tuo figlio e parli di cacca preferibilmente mentre si mangia. Poi prosegui negli anni descrivendo nel dettaglio tutti gli effetti specifici del temutissimo virus gastrointestinale, terrore di tutte le madri.
6. Segue il precedente. Ti commuovi e chiami tutti i parenti, quando tuo figlio, in preda al famigerato virus gastrointestinale, per la prima volta giunge in età da centrare il wc e non il tappeto persiano/ letto/piumone/sedile della macchina
7. Vai nel panico, dai segni di squilibrio, inizi in ordine sparso una serie di riti apotropaici e controlli a tappeto, quando tuo figlio torna da scuola e ti dice “C’è un avviso!” dal titolo: “Un caso di pediculosi in una classe”.
8. Specialmente nei mesi invernali, vedi più spesso il pediatra dei tuoi figli che loro padre e ti vergogni a chiamarlo per l’ennesima volta, perché inizi a temere che lui pensi che hai la sindrome di Munchausen per procura oppure che vuoi intrecciare una relazione con lui.
9. Mangi tutto tiepidino/freddo da diversi anni e ti convinci che il cibo caldo fa male allo stomaco
10. Bevi Coca Cola di nascosto dai tuoi figli, perché fa male (a loro) e nascondi il vasetto della Nutella per il medesimo motivo
Undici anni fa nasceva una mamma
Caro Sindacalista della mamma,
undici anni fa nel tardo pomeriggio del 2 Aprile, avevo un pancione enorme e la sensazione che qualcosa stesse per accadere. Quando sono uscita di casa per andare in ospedale, perché quella “sensazione” si era fatta sempre più dolorosa, pensavo che me ne sarei tornata senza te in braccio: troppo presto, trentotto settimane … invece tu avevi fretta e volevi nascere.
Dovevo saperlo che tu sei fuori dagli schemi: hai deciso che dovevo diventare mamma quando io non ci pensavo proprio, quando non era il momento (se mai esiste un momento giusto, ma questo l’ho imparato dopo), quando …
Sì, perché tu sei così: impulsivo, ostinato.
Mi hai lasciato quell’impressione addosso, anche dopo undici anni e due sorelle arrivate dopo te, di essere mamma per caso, per sbaglio. Io mamma? Non era lontanamente nei miei pensieri. Ma tu hai deciso per me e hai fatto nascere qualcosa di simile a una mamma.
Sei venuto al mondo al cambio turno, in oculistica perché stavano rifacendo la sala parto. Avevi il dito in bocca. A te, e a me, piace complicarci la vita, vero?
Hai subito urlato a pieni polmoni. Per fortuna non parlavi ancora (da lì ad undici mesi avresti iniziato e non avresti più smesso … come la tua mamma direbbero in tanti) perché credo avresti subito aperto una vertenza sindacale per difendere i tuoi diritti: troppa luce, troppa gente, troppo o troppo poco, certo qualcosa per cui protestare l’avresti trovato.
Quando ti hanno appoggiato sulla mia pancia ti ho chiesto come facevi a stare lì dentro. Oggi ti ho abbracciato, sei alto un metro e cinquantacinque e hai il quarantuno e mezzo di piede, eppure un giorno di undici anni fa stavi tutto dentro la mia pancia. Questa cosa rimane un mistero per me.
Hai pianto tutta la notte in cui sei nato. Poi finalmente un’infermiera sfinita l’ha capita e ti ha portato da me, hai mangiato avidamente da me e ti sei accoccolato tra le mie braccia. E guai se provavo a metterti nella culletta. Volevi solo la tua mamma.
Quella avidità di affetto ti è rimasta ancora adesso. Hai sempre un desiderio e un progetto. Non sei mai appagato. Sei inquieto.
Sei stato tantissimo in braccio a me e io ho scoperto quante cose ero in grado di fare con una mano sola: diciamo che hai tirato fuori delle risorse che nemmeno sapevo di avere. E hai messo subito le cose in chiaro: sei un tipetto molto esigente.
E ti parlavo. Quanto abbiamo parlato io te negli ultimi 11 anni (e 9 mesi)? Le tue domande stimolanti e schiette mi fanno compagnia da undici anni.
Hai sempre fatto tutto prima dei tempi prescritti. Sei nato prima, hai parlato presto, ti sono caduti i denti presto e hai terminato la dentizione definitiva presto, hai imparato a leggere e scrivere presto…
Hai fretta. Sei curioso di tutto e sei appassionato di mille cose. Quando qualcosa ti prende non esiste nient’altro. Fino alla prossima passione.
Non sei mai stato facile. Complesso, complicato. Ogni cosa con te è stata una conquista. Io ti conquistavo e tu mi conquistavi. Ci siamo addomesticati reciprocamente e continuiamo a farlo. Non senza fatica. Me ne hai fatta fare di palestra, certo non ero – non sono – un granchè come mamma, ma tu mi hai allenato per bene. Con te ho fatto e faccio tanti sbagli, tante volte ho perso e perdo la pazienza. Tu sei troppo simile a me in tante cose. E le cose che non sopporto di te sono le cose che non sopporto di me. In questo senso ti va malissimo … non potevi assomigliare a papà anche nel carattere oltre che nell’aspetto? Sarei stata più indulgente con te! Invece c’è solo una persona la mondo che è in grado di farmi infuriare più di te: me stessa.
Hai un grande senso critico e un pensiero divergente. Tu vedi lati delle cose che altri non vedono. E’ raro oggi. Ma non è facile essere la mamma di un bambino (ragazzino?) così. E non è facile tutelare un bene così prezioso e soprattutto fare che sia una risorsa.
Hai una spiccata ironia, sei sottile, a volte pungente, mai banale e mi fai sorridere tantissimo.
A te che vuoi, pretendi, chiedi, parli sempre, desideri, problematizzi, critichi, vuoi essere rassicurato, hai sempre la battuta pronta, esprimi le tue emozioni e non lesini su quelle negative … a te che alla sera mi guardi e mi dici: “Buonanotte e sogni d’oro mamma” e vuoi che la tua mamma ti dica: “Buonanotte e sogni d’oro” altrimenti non riesci a dormire … a te auguro di essere felice e … di non cambiare troppo.
Buon compleanno.
La tua mamma per caso, che ti vuole bene.
Ora legale e effetti collaterali
Nella notte tra il 24 ed il 25 marzo 2012 puntuale è arrivata l’ora legale.
Dicono gli esperti che a lungo andare l’ora in più di sole ci darà vantaggi in termini di benessere psico-fisico. E ne siamo felici!
Ma nel breve periodo è possibile avvertire un aumento della stanchezza, irritabilita’, mal di testa, difficolta’ ad addormentarsi …
Considerato che
- ho già un certo senso di fatica intrinseca
- sono irritabile qb
- mal di testa da rumori molesti ce l’ho
- accumulo da tempo difficoltà a dormire per cause esogene in abbondanza…
Allora sto serena non avvertirò il cambiamento …
… a parte il sommo sbattimento di sistemare tutte le lancette degli orologi. In effeti ti accorgi solo due volte all’anno di quanti orologi hai in casa!
Ma il peggio del peggio sono quelli che annunciano: “Torna l’ora legale, si dormirà un’ora in meno che però potremo recuperare domenica 28 ottobre quando tornerà l’ora solare”.
Vi prego signori del telegiornale: non ditelo, davvero, non ditelo soprattutto alle mamme. Chi ha figli sa che i bambini se ne fregano democraticamente sia dell’ora legale che dell’ora solare. Una mamma dorme poco e basta per definizione. E difficilmente qualcuno le restituirà le ore di sonno che ha perso.
Tra l’Estate, il Natale, il cambio di stagione e l’ora legale/solare non so cosa preferisco meno …
ah no, c’è una cosa che odio tantissimo … tutti quelli che da stamattina teorizzano: “Sono le 7.00 ma è come se fossero le 8.00. No, no le 6.00 … ah no le 8.00?”
Perchè diciamocelo con ‘sta ora legale-solare nessuno si applica sul serio e non ce ne è uno che ci capisca davvero qualcosa
Però avremo le giornate che si allungano. Quindi più tempo per fare le cose?
Mmmh, se siete mamme scommetto che sarete bravissime a trovare più cose da fare nelle ore di luce in più.
Ecco, a occhio e croce credo che ci sia una fregatura …