Benedetti genitori
Oggi mi trovate, ospite di Quando Nasce Una Mamma, con la mia personale “recensione” di “Benedetti genitori; guida alla crescita interiore del genitore consapevole” di Myla e John Kabat-Zinn Ed. Corbaccio.
Un libro davvero prezioso che mi ha scelto (io sono convinta che siano i libri che scelgano noi e non viceversa) in questo momento particolare di “vacanza”, per lo più sola con i miei figli, in cui mi sto concedendo il permesso di “stare” e affinare la mia capacità di essere consapevole , di esserci con tutta me stessa nel momento presente.
Leggete la recensione e fatemi sapere se vi è venuta voglia di leggere questo libro!
Essere genitore richiede un’attenzione quotidiana: nell’ultimo capitolo vengono suggeriti dodici esercizi per essere genitori consapevoli: su questi mi piacerebbe proseguire il confronto con voi.
Nei prossimi giorni, ve li proporrò uno ad uno e, se avrete voglia, proveremo a farli insieme. Vi assicuro che sono semplicissimi, richiedono solo un’attenzione diversa alla nostra quotidianità, ma sono molto illuminanti.
Quel miglior momento del mese di Agosto, in cui abbiamo un po’ più di tempo per stare con i nostri figli?
Compiti in gioco!
Abbiamo parlato di come rendere la realtà attraente come un gioco e oggi vi presento un piccolo gioco che l’Ingegnere ed io abbiamo proposto al Sindacalista (anni 11) e alla BimbaCartoneAnimato (9 anni).
Le attività sono strutturate per fornire ai bambini stimoli che li “fanno sentire bene e soddisfatti” proprio come accade quando giocano.
I nostri bambini si sono divertiti moltissimo e hanno raggiunto tutti gli obiettivi che abbiamo loro proposto
Obiettivi
- Portare a termine i compiti assegnati, utilizzando il tempo in modo efficace
- Sostenere la collaborazione tra fratelli
- Stimolare l’espressione della creatività e la manualità
- Promuovere l’autonomia nel riordinare
- Sostenere la coscienza ecologiCa, attraverso la raccolta differenziata
- Divertirsi!
Durata
4 ore (2 ore + 2 ore)
Metodo
Lavoro individuale e di coppia
Descrizione dell’attività
Questo gioco è adatto a bambini della scuola primaria. La proposta che trovate nel materiale in allegato è pensata per due fratelli, ma con un po’ di fantasia si può adattare ad un unico bambino. E’ un’attività facile da realizzare ed è divertente. Stimola la creatività e richiede collaborazione.
Il gioco è pensato su più livelli (due in questo caso) proprio come accade nella maggior parte dei videogiochi tanto diffusi tra bambini e ragazzi: le attività da svolgere sono descritte in due documenti che hanno la forma di mail o lettere inviate dai genitori ai bambini. Ogni lettera serve per introdurre il bambino al nuovo livello di gioco. Al Livello 2 si accede solo attraverso una chiave che il bambino ottiene dopo aver “sbloccato” il Livello 1.
Il gioco inizia la sera del giorno precedente a quello che avete stabilito come giorno adatto per svolgere le attività (es. il Venerdì sera): i bambini ricevono una mail (se dispongono di un loro account di posta) o una lettera. Creando un po’ di magia e suspance, si chiede ai bambini di leggere insieme la lettera e si propone loro il gioco.
Al termine della lettura si chiede ai bimbi se hanno capito tutto o hanno domande.
La mattina del giorno successivo ha inizio l’attività descritta nella lettera (Livello 1). I bambini fanno i compiti scolastici che gli sono stati assegnati: ad esempio i compiti delle vacanze. Il genitore può ricordare che non è una gara ed è necessario collaborare.
Al termine di questa prima fase, i genitori controllano se gli obiettivi sono stati raggiunti e assegnano i “punti esperienza” (rappresentati da ciliegie): ricordatevi che i giochi sono una cosa molto seria, per cui attribuite punteggi equi e giusti! Ma siate anche generosi .
Se i bambini hanno guadagnato un numero sufficiente di punti esperienza viene fornita la chiave per aprire la seconda lettera: i genitori devono aver predisposto preventivamente la lettera all’interno di un file criptato o di una scatola chiusa da un lucchetto (a combinazione o tradizionale). Per i dettagli cfr. la sezione “Preparazione”.
A questo punto i bambini leggono la seconda lettera. Dopo una pausa, nel pomeriggio, viene fornito loro il materiale necessario per svolgere le attività descritte nella seconda lettera (Livello 2). In questa seconda fase, potrebbe essere necessaria la supervisione discreta di un genitore: osservate da lontano e dimostratevi disponibili se vi chiedono aiuto. Comunicate che se hanno bisogno di voi, siete disponibili a fornire tutte le spiegazioni necessarie, ma aiutateli a fare da soli.
Al termine dell’attività, verificate il raggiungimento degli obiettivi e sommate i punti esperienza (ciliegie) ottenuti. Ricordate che, come accade nella maggior parte dei giochi di ruolo, il genitore assume la funzione di Game Master e deve quindi essere pronto a fornire chiarimenti, rispondere alle domande e soprattutto a gestire situazioni impreviste con una buona dose di flessibilità e creatività.
Inoltre assegnate loro i badge che sicuramente si saranno guadagnati .
Chiedete ai bambini come si sono sentiti, se il gioco è stato divertente, se sono soddisfatti. Valorizzate le positività e il percorso che hanno fatto, sottolineate le competenze che hanno messo in gioco (creatività, collaborazione, senso pratico, capacità di differenziare i rifiuti).
E infine ricordatevi di pubblicare le foto o mostrare gli origami realizzati a parenti e amici.
Lasciatevi stupire dai vostri bimbi e divertitevi con loro!
Materiale
- Mail (oppure Lettera1): contiene la descrizione del gioco e del Livello 1
- Lettera2: contiene la descrizione del Livello 2 .
- Badge: ritagliate 2 badge per ogni tipo, da assegnare ai bambini alla fine del gioco.
- Software 7zip o WinZip: per zippare la Lettera 2 utilizzando l’opzione di crittografia che rende la Lettera 2 leggibile solo con password. In alternativa una scatola dotata di lucchetto con chiave o a combinazione.
- Materiale personale dei compiti di ogni bambino.
- Per ogni bambino, numero 5 fogli colorati per origami o di fogli colorati quadrati di carta leggera (la carta da pacco va benissimo).
- Un blocchetto di fogli piccoli quadrati per effettuare delle prove.
- Un libro per imparare a realizzare gli origami o esempi di origami scaricati da Internet.
- Macchina fotografica.
- Account Facebook o blog di un genitore (opzionale).
Preparazione
Se decidete di adottare l’uso della mail e quindi di inviare la prima lettera all’account dei vostri figli (o al vostro, eccezionalmente disponibile per loro in questa occasione), dovete predisporre una mail come quella riportata nella sezione “Materiali”. Alla stessa mail dovete allegare la Lettera 2 criptata. La maniera più semplice per eseguire questa operazione è di zippare la Lettera 2 con 7Zip (gratuito) o WinZip (licenza shareware e quindi gratuito solo per il periodo di prova, dopodiché si deve acquistare) attivando la funzione di criptografia: quando vi viene richiesta la password inserite la password che avete scelto e che fornirete ai bambini al superamento del Livello 1. Vi raccomando di scegliere una password un po’ “cool” e che abbia una significato per i bambini, così che anche a distanza di qualche giorno si ricordino di questa esperienza: noi abbiamo scelto “win&win” per dire che alla fine del gioco non ci sono vincitori e vinti ma due vincitori.
Se invece decidete di seguire la via più tradizionale della lettera chiusa in una scatola con lucchetto, dovete semplicemente predisporre la Lettera 2 all’interno della scatola e fornire a tempo debito ai bambini la chiave o la combinazione.
Buon divertimento a tutta la famiglia!
Se il gioco vi piace o vi interessa e volete sperimentarlo, potete scaricare tranquillamente tutti i file allegati. Naturalmente sarò contenta se li condividerete sui Social Network che utilizzate abitualmente.
Se volete un aiuto per personalizzare il gioco o desiderate chiarimenti, scrivetemi!
E per finire, ecco gli origami realizzati dai nostri bambini!
Un orsetto con un cuore per la dolce BimbaCartoneAnimato
Una famiglia di pipistrelli (cinque ovviamente!) per il Sindacalista
Ed ecco i “nostri eroi” al termine del gioco, orgogliosi e divertiti, ci mostrano i badge conquistati
Fratelli
Come vi ho raccontato, la prima volta che ho visto mio fratello, alla tenera età di anni sei, abituata ad essere l’unica bimba in tutta la famiglia, l’ho “salutato” dicendo: “Mamma, adesso che lo abbiamo visto, puoi riportarlo dove l’hai preso?”
Dopo questo inizio, le cose sono andate decisamente meglio, tanto che lo studio della relazione fraterna è diventato uno dei miei interessi principali. Ed è stato anche (ormai tanti anni fa) argomento della mia tesi di laurea.
Intanto che mi esercitavo a mettere in partica i miei suggerimenti semi-seri per “sedare risse” tra i miei figli e ripetermi come un mantra che la gelosia tra fratelli è normale (però quando ci sei in mezzo anche come mamma non è divertente, lo ammetto!)
due importanti siti (importanti di sicuro per me, ma anche per gli argomenti che trattano e per il modo sempre professionale ma delicato e simpatico con cui dialogano coi loro lettori) mi hanno chiesto di esprimermi sulla relazione fraterna.
Quindi, se volete, mi trovate anche ospite di
Oasi delle mamme “Non sei più mio fratello”
dove vi parlo di fratelli e conflitto, di arance – sì arance, leggete e scoprirete perché! – e mediazione (“Nonseipiùùùùmiofratellooooo” è il grido con cui si apostrofano i miei figli al culmine della rabbia!)
e della dolcissima Chiaraluce di
Quando nasce una mamma “Quando nasce un fratello o una sorella”
Cosa fare, dire, aspettarsi oltre ad essere felicissimi! – quando siete in attesa di un secondo bambino?
Ringrazio ancora Chiaraluce di Quando Nasce Una Mamma e Enrica con Barbara e Debora di Oasi delle Mamme per avermi pensato e avermi dato l’opportunità di parlare di un argomento che mi è tanto caro!
Rendiamo la realtà attraente come un gioco
Sabato 9 Giugno ho partecipato al Social Family Day: un evento ricco di idee e di donne, di mamme blogger e di mamme che in rete discutono, raccontano, mettono in comune le loro competenze.
Molti i temi che si sono toccati e sono stati ripresi in questa settimana, che ha visto proseguire di blog in blog e sui social le riflessioni e i confronti avviati nei mom talk, nei mom class e nei fertili momenti di puro scambio di chiacchiere.
E’ stata un’altra esperienza “auto-educativa”: ho fatto molti incontri, ho ascoltato e ho raccolto spunti di riflessione da portare a casa e riprendere con calma uno per uno.
Poi nel pomeriggio il Mom Talk 4 “Digital Together – Internet da vivere insieme” mi ha talmente coinvolta e catturata che l’azione ha preceduto il pensiero: la mia mano si è alzata e non ho potuto fare a meno di dire la mia su come credo che genitori e figli possano crescere insieme nell’era digitale.
Per la cronaca, dopo circa un’ora di interventi interessanti e appassionati, la “ragazza” (al Mammacheblog ho scoperto di essere meno “signora” che in foto e, nel dubbio, ho deciso che fosse un complimento) vestita di marrone che, brandendo un tablet, non resiste all’urgenza di condividere le riflessioni che ha in testa e nel cuore … sono io.
Vietare no, acconsentire a tutto senza controllo nemmeno.
Informarsi e accompagnare: è la strada più complessa ma anche il compito più affascinante per un genitore sempre.
Non amo parlare di prevenzione. Prevenire è meglio che curare, si sa; ma meglio ancora è promuovere. Non credo che ai nostri figli serva che gli illustriamo per filo e per segno tutti i rischi della rete.
Serve che li aiutiamo ad essere competenti emotivamente e facciamo sperimentare loro le potenzialità sorprendenti della rete e delle nuove tecnologie.
Promuovere allora.
I bambini e gli adolescenti sono distratti: non imparano più con le stesse dinamiche di una volta. Nella loro esperienza “digitale” sperimentano ogni giorno cose troppo affascinanti e coinvolgenti, attraverso modalità con cui la scuola di oggi, l’educazione familiare e extrascolastica sembrano non essere in grado di competere.
E allora, come possiamo rispondere a questa sfida?
E’ possibile rendere la loro realtà quotidiana attraente come quella che sperimentano nel “mondo digitale”?
E’ possibile rendere la realtà attraente come un gioco?
Possiamo rendere l’apprendimento, la scuola e la vita così belli “che non ti viene più voglia di staccarti”?
Sono tornata a casa con queste domande e un “puntino” in più da aggiungere alla mia raccolta di esperienze, letture, progetti come ad esempio quelli in tema di cyber bullismo e uso responsabile delle nuove teconologie. L’Ingegnere, nonché mio marito, ha aggiunto la sua raccolta di “puntini”: la passione per i giochi (non necessariamente video-giochi) e l’informatica ma anche la voglia di organizzare sempre tutto e tutti, nel tentativo, come dice lui, di rendere facili le cose difficili.
Abbiamo parlato, discusso, ci siamo mandati mail e scambiati letture. Poi ci siamo voltati indietro e abbiamo trovato il filo rosso che univa tutti i nostri puntini: perché i puntini non bisogna solo raccoglierli ma occorre anche unirli.
Qualcuno molto più illustre di me ha detto:
“ … you can’t connect the dots looking forward; you can only connect them looking backwards.” (Steve Jobs – Commencement address. Stanford, June 2005)
Così, io e l’Ingegnere, due competenze distanti ma che si sono “sposate” una volta ancora, abbiamo creato a quattro mani questa presentazione che voglio condividere con voi.
Mi piacerebbe che vi prendeste un po’ di tempo, la guardaste con calma e poi ci diceste cosa ne pensate: perché è su questo che abbiamo deciso di lavorare insieme nei prossimi mesi …
Tacchi solo per gioco, grazie.
Entrando nei negozi di calzature, nel reparto bambino, vi sarà certamente capitato di vedere, a seconda della stagione, sandali, stivali o scarpette da bimba con il tacco. Non intendo un piccolo rialzamento di pochi millimetri ma un vero e proprio tacchetto.
Penso che ogni mamma di figlia femmina sia consapevole di quanto per le bambine siano importanti e gradevoli i pon pon, i lustrini, le lucine, i nastrini, il colore rosa … E credo che ogni mamma abbia accontentato la propria figlia su queste piccole frivolezze squisitamente femminili.
Però il “tacchetto” a mio parere appartiene ad un’altra categoria.
Facendo acquisti estivi con le mie figlie pochi giorni fa, mi è capitato di vedere una bambina che piangeva e voleva solo quel tipo di sandaletto “taccato”.
La mamma accanto le spiegava che non lo riteneva adatta ad una bambina.
Non penso assolutamente che la bambina fosse banalmente “capricciosa” e solidarizzo con la mamma che non è riuscita a farle nemmeno provare un altro modello.
La pubblicità martellante durante i programmi per bambini fa diventare queste scarpe col tacco accessori molto attraenti per le piccole creature.
Non dimentichiamo che, oltre al tacchetto, che ha un suo fascino su ogni donna per piccola che sia, spesso in abbinamento c’è anche un giochino in regalo …
Inoltre spesso i negozi sono occupati per una parte rilevante e ben in vista da queste calzature. A volte gli altri modelli hanno costi elevati o non sono così esteticamente appettibili e accessoriati di strass o fiocchetti intercambiabili..
Personalmente credo che si potrebbero anche non produrre certi tipi di scarpa, così tristemente adultizzanti … e – ma non sono un ortopedico – credo neppure adatte ad un fisico in formazione.
Ma dal momento che esistono, se pensate che non siano adatte ad una bambina, ecco qualche piccolo suggerimento:
Prima
Spiegate a vostra figlia, prima di recarvi nel negozio di calzature, che quel tipo di scarpa non è comodo per giocare, correre e saltare come dovrebbe e vorrebbe fare una bambina. Fate degli esempi.
Cercate anche di capire perchè la bimba le desidera tanto. Le piace il colore, il fiocchetto, vuole il regalino abbinato? La risposta potrebbe sorprendervi e potreste scoprire che l’oggetto del desiderio non è il “tacchetto”. Rassicuratela sul fatto che potrà avere queste accessori e gadgets anche non comprando le scarpe col tacco.
Durante
Nel negozio permettetele di scegliere, a seconda del proprio gusto, la scarpa che preferisce tra i modelli che ritenete adeguati, anche rispetto ai particolari sui quali vi siete accordate a casa.
Dopo
Quando ritornate a casa, fatela giocare al magico gioco dei travestimenti che fa sognare e desiderare di crescere, fa sperimentare nuovi ruoli ed emozioni, aiuta ad immedesimarsi, a far finta, a sviluppare la creatività.
Bastano uno specchio, qualche stoffa, un vecchio vestito, qualche collana e borsetta … e le vostre scarpe col tacco
(Anche con questo post provo a contribuire al “dibattito” Staccate vs Taccate)
Una staccata che vorrebbe essere taccata
*Dicesi staccata donna non donna disconessa, ma donna che indossa ballerine, scarpe da ginnastica, calzature raso terra.
Dicesi taccata donna che porta scarpe con tacco significativo.
Non sono alta.
Non parlo di altezza che si misura in centimetri.
Per quanto riguarda quella, mi manca poco più di un centimetro per raggiungere un dignitoso metro e settanta.
Ma la statura è una concetto interiore. E io sono la più bassa della mia famiglia di origine. Mio papà è più alto di me, mio fratello anche. E fin qui tutto regolare. Ma anche mia mamma è più alta di me. Non è nell’ordine naturale delle cose essere più bassa della propria madre. Quindi sono bassa dentro.
Le antenate delle giraffe che avevano un collo più lungo delle loro simili arrivano facilmente alle fronde più alte degli alberi, cosa vantaggiosa in periodi di carenza di cibo. Così queste spilungone avevano più possibilità di sopravvivere, arrivare all’età adulta e riprodursi, trasmettendo col loro patrimonio genetico l’informazione “collo lungo” alle generazioni successive. Darwin non mi ha avvertito di questa storia della selezione naturale. SignoraMamma invece ha lasciato cadere qua e là qualche frase che ho colto nel corso degli anni: “Ma che strano, che sei più bassa di tutti noi, anche di me” “Noi siamo tutti alti, tu …” “Eppure da piccola eri alta”. Non se ne riesce a dare una spiegazione. L’unico altro argomento che l’ha turbata altrettanto è stato scoprire, quando aspettavo il mio primogenito, che avevo fatto la toxoplasmosi. E’ andata dal medico di famiglia angosciata : “Ma quando mia figlia avrebbe preso quella malattia lì che ha a che fare coi topi? Io lavo sempre tutto benissimo, come è possibile?”.
Di due cose non si capacita: che ho fatto la toxoplasmosi a sua insaputa e che sono più bassa di lei.
Io dell’aver fatto la toxoplasmosi ero entusiasta. Di non essere “alta” un po’ meno.
Per fare pace con la selezione naturale e guadagnare qualche centimetro interiore la soluzione sarebbe semplicemente portare i tacchi, no? E invece non sono capace. Vorrei ma non posso. No, io non ci riesco. Incompatibile con i tacchi.
Oppure ho pensato che sarebbe più dignitoso essere una Staccata felice. Ci ho provato. Ma la realtà è che io guardo con invidia e cupidigia quelle splendide donne che incedono sul loro tacco 12 con grazia e femminilità e bramo essere come loro.
Qualche volta ci provo. Abbandono gli anfibi o le scarpe da ginnastica con la suola dondolante (la mia ultima droga pesante in fatto di calzature) e indosso le scarpe col tacco alto, anzi altissimo.
Mi specchio e mi sento decisamente sexy e femminile, anche se sono le otto del mattino.
Poi mi capita nel corso della giornata di fare un salto al supermercato, giusto per comprare quelle due cosine che mancano e inevitabilmente becco il carrello derapante, quello che tu spingi e lui vira pericolosamente a destra o sinistra e tu con la sola forza dei muscoli delle braccia e della disperazione cerchi di mantenere sulla retta via. Avere la punta del piede e un minuscolo tacchetto come base d’appoggio, no, vi assicuro, non aiuta nell’impresa.
Una commissione in centro e sanpietrini che ridono di te, più minacciosi di un campo minato.
Prendi la Streghetta a scuola: “Sono stanca ma tanto stanca, in blaccio mamma!”, la issi tra le braccia e cammini il più velocemente possibile, rischiando il crampo al polpaccio.
Poi corri a prendere gli altri due figli e sei in ritardo, tutti i posti vicini alla scuola sono occupati e parcheggi a trecento metri e, con figlia zavorra abbarbicata a te, cerchi di correre in direzione della scuola ma la zeppa trampolata ti impedisce la fluidità del movimento. Incespichi pure cercando di mantenere un briciolo di credibilità e di recuperare la sensualità che ti restituiva lo specchio otto ore prima.
Insomma prima delle cinque del pomeriggio del tuo incedere sinuoso e pieno di charme non è rimasto nulla e quei tacchi che al mattino ti facevano sentire tanto femminile, ora ti sembrano solo uno strumento di tortura auto-inflitto, grazie a un’idea che stamattina ti sembrava geniale e motivante e ora … decisamente non più.
Finalmente guadagni la porta di casa e togli le tue bellissime ma scomodissime scarpe col tacco e le metti nella scarpiera dove i tuoi anfibi e le tue scarpe da ginnastica giacciono languidamente con aria rassicurante.
Tu sei infedele, per saper portare un paio di tacchi faresti carte false, ma le tue scarpe a centimetri zero, come Penelope ti hanno aspettato pazientemente e sanno che tornerai da loro già da domani.
Vai a piedi nudi per casa e il pavimento fresco ti ricorda che uno dei motivi per cui ti sei sposata e non sentire più i tuoi genitori che ti dicevano: “Mettiti le ciabatte!”
Ora, mi chiedo, ma una che non tollera nemmeno le ciabatte, cosa si mette in testa? Di mettersi impunemente i tacchi?
Prendiamone atto.
Resterò per sempre una staccata che vorrebbe essere taccata.
Con questo post partecipo a Staccate vs Taccate, spazio in cui le sostenitrici dello stiletto e le amanti delle ballerine si confrontano, “ospiti” dell’ironica e mai banale La Staccata- Luana Troncanetti
Professione stagionale: spettatore partecipante
Ora vi confesserò una cosa: sono stufa dei saggi/feste/festine &Co. di fine anno!
Lo so che questo mi iscrive d’ufficio nella categoria delle mamme degeneri e senza cuore, ma io non riesco davvero a capire perchè tutte le feste di fine anno sono alla fine dell’anno?!
O meglio, lo capisco perfettamente, a rigor di logica, ma non riesco a capire il proliferare e il moltiplicarsi di incontri mondani per festeggiare la fine dell’anno scolastico … E devono essere tutti molto contenti che finisca, visto il numero di eventi che si riescono a concentare in così poco tempo…
Poi cosa si festeggia secondo voi? Forse si festeggia l’inizio del tentativo di incastro tra centro estivo a costo abbordabile, nonni disponibili e vacanze dal lavoro (ma non dalla vita) di mamma e papà?
Comunque, per dare un po’ di numeri, la mia famiglia nel suo piccolo in circa un mese si è aggiudicata: 3 riunioni di fine anno, 1 esame di VietVoDao (per due), 1 musical (per due), 2 saggi con pizza, 1 ritiro coi genitori, 1 gita con genitore, 1 cena di classe, 1 grigliata, 1 saggio di musica, (per due), 1 festa della scuola (per due). E considerate che ancora per quest’anno ho due figli che frequentano la stessa scuola (quindi ho uno sconto di pena).
A pensarci bene potrebbe essere una nuova professione: “Ciao, cosa fai nella vita?” “Io vado alle feste di fine anno!”
Poi, per gradire la maggior parte dei bambini nascono in Maggio… così aggiungiamo al menù precedente un certo numero di feste di compleanno. Incomincio a credere nella necessità della nascita intelligente, un po’ come le partenze intelligenti: distribuiamoci su tutto l’anno, no?
Per non contare i bambini nati in estate che, poverini, non possono festeggiare a Luglio/Agosto con tutti i compagni di classe. E allora? Ma sì, facciamo una bella festa alla fine dell’anno scolastico.
E non mi parlate dei saggi. Il nostro lungo weekend è iniziato venerdì sera con una performance durata due ore e qualcosa. La Streghetta spettatrice ad un certo punto ha detto piagnucolando: “Mamma sono stancaaaaa!” “Amore, vuoi dormire un po’ in braccio a mamma?” “Mamma non ho sonno, sono stanca di questa loba!”
La “loba” in questione era un musical, in cui si sono esibiti i nani grandi con tutti i bambini della loro scuola: dal numero di prove che hanno fatto l’attesa era molto alta… una piece holliwodiana (o almeno bolliwodiana). Ogni cosa fatta in famiglia in questi mesi era accompagnata da un sottofondo musicale: “un geniiio in famiglia, ma che meravigliaaa … “, “sempre dicono di nooo … ”. No infatti. Ormai il saggio avrei potuto farlo anche io, sempre che fossi riuscita a sopravvivere a una bambina che fa la ruota in soggiorno e rischia di colpirti sul naso due volte su tre.
E le mamme invasate? Ora non sono del tutto cinica e scafata: anche io mi emoziono a vedere i miei nani che cantano e ballano, o il Sindacalista che recita col pizzetto che mi pareva di vedere sul palco l’Ingegnere, oppure che superano l’esame di VietVoDao eseguendo tutte le figure che il maestro declama in vietnamita (anche se le cannavano tutte io di sicuro non me ne accorgevo) o la BimbaCartoneAnimato che canta con una voce e una grazia che io non ho mai avuto e mai avrò.
Ma alcune mamme temo non abbiano ben capito la differenza tra una recita scolastica e una prima alla Scala. Calme, non è il 7 Dicembre, a giudicare dal caldo e dal grado di afa e umidità!
La verità è che per partecipare ai saggi ci vuole una grande preparazione fisica… non psicologica o emotiva, ma fisica: avete capito bene! Ci vuole un certo scatto e potenza per aggiudicasi un posto a sedere tra orde di nonni e genitori, ziii assatanati e muniti di telecamera e fotocamera che vengono branditi come armi non convenzionali …
Ma la parte più bella sono i costumi: con la BimbaCartoneAnimato ce la siamo cavata con vestiti rock, leggins e canotta bianca. Il Sindacalista aveva tre cambi costume: pigiama da uomo senza stampe, giacca e cravatta e vestiti rap … Una vera e propria caccia al tesoro, io l’ho preso come un esame da superare …
Entrata nel vortice e con lo spirito un po’ di perfezionista che mi contraddistingue, dopo aver dato la caccia a un pigiama da uomo che avesse le misure di un bambino e la manica lunga (che a Maggio è un articolo facilissimo da trovare), l’ho trovato tampinando come una stalker parenti e amici e visitando venticinque negozi e pure il mercato, che per trovare parcheggio ci ho messo 4 ore e una manovra degna di un tassista sgamato … Alla fine mostro gonfia di orgoglio materno a mio figlio il frutto dei miei sforzi, ma dal Sindacalista ho ottenuto solo uno sguardo sospetto e un generico “Ah va bene, domani lo consegno”.
Ma poi quando si è aperto il sipario, tra mille flash, io non avevo occhi che per la mia BimbaCartoneAnimato e il mio Sindacalista che, bellissimi nei loro costumi, hanno cantato, ballato e recitato.
Anche la Streghetta domenica ha avuto il suo momento di festa: ha fatto il topolino, il canguretto, il serpentello e un sacco di altri animaletti in modo delizioso. E io ho pensato che era bellissima e bravissima e che ha imparato tante cose.
E quando insieme ai suoi amici della scuola dell’infanzia hanno cantato con le loro voci da bambini, che arrivano dritte al cuore: “Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente, è felice di ogni cosa, vuole amare solamente”, ho pensato che però una frase del genere cancella qualsiasi fatica.
Pioveva.
Domenica sera.
Piove. Tanto.
Vai a letto e ti rimbalzano in testa e nel cuore immagini e parole
che dicono bombe e terremoti, distruzione e morte.
Sono stanca …
un’amica che non dormirà a casa sua … io ieri preoccupata per l’esame di inglese di mio figlio e qualcuno non sapeva che sua figlia non sarebbe più tornata a casa.
Non riesco nemmeno a mettere insieme due pensieri. Il cuore batte al ritmo incalzante della pioggia. Una voce mi chiama: “Mamma!”
Io e le mie emozioni e la mia stanchezza, ci alziamo.
Mi avvicino al letto del Sindacialista:
“Cosa c’è? Mi hai chiamato?”
“Non voglio andare a scuola domani. Se mettono una bomba anche alla mia scuola?”
“Mamma ho paura. Se viene il terremoto anche qui stanotte? Siamo zona sismica?”
“Mamma, tu e il papà mi proteggerete sempre qualsiasi cosa succederà?”.
Ci penso. Una lunga frazione di secondo. Poi dico: “Sì. Ma certo!”
“Grazie mamma, buonanotte e sogni d’oro”.
E bacio e abbraccio il viso di questo bambino che è mi pare troppo grande nel letto.
Sai Sindacalista, perchè mi sono fermata un attimo prima di risponderti?
Perchè io ti dico sempre la verità e sapevo che ti stavo dicendo una bugia: non posso proteggerti da tutto, putroppo no, non è possibile, ma tu forse volevi sapere se io ci sarò e farò di tutto per esserci se tu lo vorrai e la risposta allora è sì…
anche se il mio tutto forse non sarà abbastanza. Perché sono solo una mamma.
“Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore”
P. Crepet, Non siamo capaci di ascoltarli.
#10coseSuper
“Ma manco solo io? Ma quanto tempo ho?”
“Fino alle 0.00 del 20 Maggio” disse la CapA di QuandoNasceUnaMamma, sorridendo di me.
Insomma a una manciata di ore dallo scadere dell’evento, ecco le mie #10coseSuper. Perché io sono Super nel rimandare, ma arrivo sempre in tempo. Con un po’ di ansia e con un po’ di fiatone. Anche nel tempismo ci vuole allenamento
Allora partiamo che il tempo stringe. Dopo che LaPedagogista ci ha tritato le sfere con la storia delle carezze, poteva Bamamma esimersi dal trovare 5 cose in cui si sente Super e 5 cose in cui gli altri le dicono che è Super?
Per inciso, mi rifiuto di scrivere “Hai delle labbra Super, sembrano rifatte”: me lo dicono sempre, ma se anche fosse un complimento (cosa di cui dubito vivamente) credo che dovrebbe essere formulato meglio. Respinti i riferimenti estetici: non li troverete tra le mie 10coseSuper.
E, per vostra informazione, sappiate che mi rifiuto di scrivere anche qualsiasi cosa simil-culinaria. Quindi il mio super-rotolo alla nutella o le mie super-torte salate me le mangio io e qui non compariranno. La femminista che è in me si rifiuta di digitare il verbo cucinare associato a super.
Allora ecco le cose in cui io mi sento Super:
1. Sono SuperConsapevole di me stessa. Vivo con pienezza le esperienze presenti: difficilmente le mie azioni sono re-azioni a qualcosa successo in passato, vivo nel presente e ci sono nelle situazioni. E così imparo un sacco di cose su di me. Poi di tutta questa consapevolezza a volte mi chiedo cosa mai me ne farò? La regalerò a chi non ne ha, forse
2. Sono superAttenta, a ciò che mi dicono e a quello che accade. Infatti so le cose prima che succedano, ma non perché “prevedo”. Niente sfere di cristallo, semplicemente colgo i segnali e traggo le conclusioni.
3. Sono superCuriosa. Sì, è una qualità. Potevo fare l’investigatore privato. Perfino le ricerche su Google mi riescono benissimo! Voglio sempre imparare cose nuove e mi interesso: I care.
4. Sono superOnesta. Mentalmente e praticamente. Prima di tutto con me. Fatico a scendere a compromessi e sono sincera e trasparente. Troppo? Per la mia onestà e trasparenza, ho rinunciato a molto. Ma avrei rinunciato a molto di più se non lo fossi stata.
5. Sono superAppassionata. Ci metto l’anima. Nel Ba-pensiero le cose devono essere fatte bene e con amore. Da quelle quotidiane a quelle straordinarie. Amesso che le quotidiane non siano anche le più straordinarie.
Ecco.
Ma gli altri? In cosa mai mi vedono Super? Andando a caccia di carezze ho scoperto quanto segue.
1. “Ingegnere, in cosa sono Super?”
“ç°*§xxx” (censura)
“Ingegnere dimmi qualcosa che posso scrivere!”
“Sei super a volere bene agli altri”
“… eh?”
“Sì, tu vuoi bene alle persone a prescindere da come si comportano, tu ci sei e non tradisci mai chi ami”
“… ((svenuta/sorpresa/questa non la sapevo ma mi ci potrei vedere))” due secondi per riprendermi “Ah in realtà tu ci speri!”
2. “SignoraMamma mi dici una cosa in cui sono Super? Ti avverto che SuperStronza non vale!”
“Hihihi”
“Non ridere e rispondi! Stai prendendo tempo!”
“Sei super a trasformare le cose, vedi le cose in modo creativo e trovi soluzioni originali”
Sono super a trasformare i problemi in risorsa e a tirar fuori le risorse… degli altri, of course!
3. Le amiche. Più o meno in coro sostengono che “Faccio morire”.
Ok, così potrebbe non sembrare un gran complimento, ma pare che io spesso faccia “morire” dal ridere perché sono ironica. In effetti credo fermamente che per vivere occorra coraggio e ironia; senza si vive lo stesso, ma peggio.
Sembra che talvolta io faccia anche piangere (nel senso di commuovere). E dicono sia una qualità.
4. “Sindacalista, vieni qui, secondo te in cosa è Super la mamma?”.
Dopo avermi fatto firmare vari moduli ed essersi accertato puntualmente sull’uso della sua dichiarazione, dopo avermi fatto giurare che non avessi scopi e finalità lesivi delle sua persona e che non guadagnassi denaro dalle sue affermazioni … quando ormai ero stremata, ha sentenziato: “Sei super a rispondere alle domande!”
E considerato il fatto che lui, da quando ha iniziato a parlare (mooolto presto), ne fa moltissime che spaziano in ogni campo e non sono nemmeno così facili, non imbarazzanti o emotivamente neutre … credo che sia una cosa in cui sono davvero Super.
Rispondo sempre e a tutto e mi impegno anche. Parto avvantaggiata perché si dice che io abbia doti comunicative notevoli “parleresti anche con un muro”… cosa che in realtà spesso mi sembra di fare.
5. Mentre cercavo queste benedette cose Super, mi è arrivato inaspettatamente un messaggio di una persona che mi piace molto. Perché le tue qualità, anche se non le cerchi, ma resti in atteggiamento aperto e di ascolto, ti trovano!
“Ho questa percezione di te, metti te stessa in quello che si fai … ti metti in discussione, sai crescere costantemente.”
Io ho pensato che è una carezze bellissima, ho sentito che era autentica e parlava di me a me … quindi me la prendo e dico “Grazie!”.
“Con questo post partecipo all’iniziativa #10coseSuper e acconsento al trattamento a fini statistici del testo pubblicato e alla sua eventuale pubblicazione, con citazione, nel testo di presentazione conclusivo dell’iniziativa”
Le carezze di plastica
“Che carinaaaa!”
“Che belle labbra, sembrano rifatte!”
“Stai bene con questo taglio, non con quella che avevi prima!”
“Che bel vestito, non ti si vede tanto la pancietta con questo!”
I gesti o le parole di apprezzamento affettati, finti si avvertono immediatamente. Spesso il messaggio che viene dato verbalmente è smentito dal messaggio non verbale.
E il messaggio non verbale è più potente più veritiero.
Se vi dicono “Stai proprio bene” con voce poco partecipe e sguardo di sufficienza, capirete immediatamente che la carezza è fatta per lusinga ma non è sincera. Forse la persona che invia il messaggio ha un secondo fine. In ogni caso, non è autentica.
Oltre a queste carezze formali e superficiali, sono carezze “di plastica” anche quelle apparentemente positive, ma che portano con sé un messaggio negativo “Guidi bene, per essere una donna”. Come reagire? Tenere in considerazione la prima parte dell’affermazione o “offendersi” per la seconda?
Le carezze di plastica si riconoscono subito perchè non lasciano solo un po’ di normale imbarazzo, ma un vero è proprio senso di fastidio o confusione in chi le riceve.
Ricordiamoci che possiamo rifiutare, in modo garbato, queste carezze che per noi sono negative. Non significa troncare i rapporti o entrare in conflitto. Significa sostenere la nostra autostima, il nostro diritto a essere come siamo. Significa essere autentici.
Anzi, in generale possiamo rifiutare le critiche che riceviamo, se non ci riconosciamo in queste! Nell’economia delle carezze forse abbiamo imparato a “non rifiutare carezze quando non le vuoi”, perchè anche le carezze negative “temprano” il carattere, fanno crescere, ti dicono dove stai sbagliando, sono fatte “per il tuo bene”.
Le carezze sii ascoltano, si prendono in considerazione, ma se non parlano di noi, possiamo rimandarle gentilmente al mittente.
Del resto, abbiamo così poca dimestichezza con le carezze che spesso siamo molti bravi a farci da noi stessi carezze negative e ricoscimenti ambivalenti: “sono davvero brava a sentirmi in colpa”, “sono davvero brava a rompere le scatole”, “sono super nel fare 1000 cose, ma mai quello che voglio”…
Non è sempre facile chiedere carezze, perché significa dichiarare un proprio bisogno.
Nemmeno farsi carezze vere è facile però, perché significa ri-conoscersi e imparare a trovare le proprie risorse per metterle in gioco.
#10coseSuper è un piccolo grande contributo per imparare a chiedere e accettare carezze, rifiutare le carezze negative e iniziare a carezzare noi stessi.
Per ritrovare la capacità di dare carezze autentiche: perché se hai imparato a farlo su te stesso, poi è facile e impossibile non desiderare di trasferire questa tua competenza nella relazione con gli altri.
Leggi anche Le carezze come nutrimento e Chiedere (e accettare!) carezze